L’ultima telefonata di Emanuele Scieri: "Mamma, indovina dove sono adesso?"

La sera della morte il militare chiamò sua madre Isabella. "Era in piazza dei Miracoli ed era sereno. Mai creduto al suicidio"

Emanuele Scieri

Emanuele Scieri

Pisa, 22 maggio 2020 - L’ultima telefonata di "Lele" fu intorno alle 20,30. Era in piazza dei Miracoli: "Mi disse: ‘mamma indovina dove sono?’". Isabella Scieri, la madre di Emanuele Scieri, il giovane parà di leva siracusano trovato cadavere all’interno della Gamerra di Pisa il 16 agosto del 1999, ha raccontato 21 anni di attese, di dolore, di speranza nella giustizia a La Vita in diretta : ventuno anni nei quali la donna non ha mai creduto al suicidio del figlio, ma ha sempre ritenuto che in quella caserma fosse accaduto qualcosa.

«Emanuele era sereno, tranquillo in quell’ultima telefonata - ha raccontato la madre -. Abbiamo sofferto molto, ma sempre con la volontà di avere giustizia e di conoscere la verità". Un caso "assurdo e inaccettabile", quello della morte del parà di leva, trovato cadavere a tre giorni da una "assenza", registrata al contrappello delle 23 del 13 agosto, giorno in cui sarebbe stato vittima dell’aggressione di tre commilitoni che, all’epoca, rivestivano il ruolo di caporale. Aggredito, perché trovato al cellulare, e lasciato agonizzante, negandogli anche i soccorsi che, per gli inquirenti, avrebbero potuto salvarlo.

Ma qual è la domanda che in questi anni ha tormentato più di altre il cuore di questa mamma che non si è mai data per vinta? "Pensavo sempre sempre a quei momenti in cui Emanule si è incontrato-scontrato con questi caporali, non potevo credere che lui con la sua empatia non fosse riuscito a fermalrli, non fosse riuscito a fermare la loro violenza; questa è una cosa che mi ha sempre tormentato, perché lui era sempre stato capace di creare dei rapporti positivi. Come mai non era iuscito a fermali?".

Quel 13 agosto 1999 era il primo giorno di Lele a Pisa. Era arrivato da Scandicci. Poi la libera uscita e al rientro l’incontro con i caporali (Andrea Antico, Luigi Zabara e Alessandro Panella) che la procura militare di Roma, che ha chiuso le indagini a loro carico, ritiene responsabili di omicidio pluriaggravato in concorso. I tre averebbero obbligato l’allievo a flessioni sulle braccia tra le percosse per poi costringerlo all’arrampicata sulla torre di asciugatura dei paracadute con le scarpe slacciate e con la sola forza delle braccia. Mentre Scieri stava risalendo veniva seguito dal caporale Panella che – secondo le indagini – lo percuoteva dall’interno della scala. A causa dell’insostenibile stress Scieri precipitava al suolo riportando lesioni gravissime. Era sempre vivo, ma i tre lo avrebbero abbandonato negandogli i soccorsi.