Caos avvocati, Toscano: "Ecco perché non si poteva votare. Consiglio delegittimato"

L'intervento dell'avvocato Pino Toscano dopo l'infuocata assemblea del Foro pisano

L'avvocato Pino Toscano

L'avvocato Pino Toscano

Pisa, 23 ottobre 2019 - Pubblichiamo l'intervento dell'avvocato Pino Toscano, a pochi giorni di distanza dalla incandescente assemblea dell'Ordine degli Avvocati di Pisa. Come è noto, all'interno del Foro pisano è in atto, dalla fine di maggio, dopo cioè le elezioni per il rinnovo del Consiglio dell'Ordine, una forte spaccatura che ha portato una parte degli iscritti a chiedere le dimissioni di presidente e consiglieri. Tutto è iniziato dopo che, a sorpresa, il Consiglio aveva eletto presidente Stefano Pulidori, sebbene la più votata fosse stata Agnese Bertini. Quest'ultima e altri consiglieri si sono poi dimessi, anche perché nel frattempo era stata  sollevata la questione "ineleggibilità". Il presidente  e altri consiglieri con due mandati consecutivi alle spalle sarebbero stati infatti incandidabili sulla base di una pronuncia della Consulta avvenuta dopo poche settimane dal voto.

Nel frattempo il Foro pisano si è spaccato e una parte di iscritti all'Ordine pisano ha presentato una mozione di sfiducia per chiedere le dimissioni dell'intero Consiglio, per altro azzoppato a causa dei dimissionari. Altri avvocati hanno anche scelto le vie legali per dimostrare l'illegittimità di alcuni atti votati dal Consiglio stesso, come le elezioni suppletive, che si sono invece svolte poche settimane fa per ricomporre il Consiglio. Si arriva così all'assemblea del 16 ottobre, prosecuzione di quella convocata, su pressione di molti iscritti, a luglio. E' qui che in molti perdono la pazienza, dopo che il presidente decide le regole di svolgimento dell'assemblea e nega la parola agli avvocati che non erano iscritti a parlare. Fra questi c'è l'avvocato Pino Toscano,  noto in città anche per prestigiosi incarichi istituzionali, che, dalle pagine della Nazione spiega cosa avrebbe detto nel giorno di quella 'infuocata' assemblea: 

"L’assemblea dello scorso 16 ottobre poteva costituire un vero momento di confronto fra noi avvocati, o meglio fra il Consiglio e quel gran numero di “oppositori”, che da mesi fondano la loro “opposizione”su fatti e su precise norme di legge, che non sono suscettibili di nessuna interpretazione, a maggior ragione dopo che una legge dello stato è già intervenuta a fornire una interpretazione autentica, e dopo che anche la Corte Costituzionale ha dichiarato la costituzionalità della norma interpretata, e di quella di interpretazione autentica: chi avesse già espletato due mandati consecutivi non poteva candidarsi per ricevere un terzo mandato. 

Non voglio insistere su quello che è accaduto mercoledì scorso, perché l'accaduto si commenta da sé …

Il Presidente del Consiglio dell’Ordine ha ritenuto che l’assemblea di mercoledì fosse una prosecuzione dell’assemblea del 16 luglio, e pertanto non ha consentito di riaprire la lista degli interventi già programmati, sostanzialmente impedendo quel  confronto che invece a mio avviso sarebbe stato quanto mai necessario, se non altro al fine di dare più compiuta informazione ai colleghi circa le posizioni degli “oppositori”, ed agli stessi membri del Consiglio la possibilità di replicare.

Sul piano formale la posizione del Presidente poteva anche avere un senso, ma sicuramente non ne aveva alcuno sul piano sostanziale, sia per la ragione appena rappresentata, sia perché  l’assemblea in prosecuzione è durata circa mezz’ora, e si trattava di proseguire un’assemblea iniziata ben tre mesi fa. E già questo è semplicemente scandaloso, cioè è scandaloso proseguire un’assemblea infuocata, per giuste ragioni, dopo ben tre mesi … Ai lettori il giudizio.

Se avessi potuto parlare avrei detto che qui non è questione di schierarsi dalla parte del Consiglio neoeletto o dalla parte dell’ottima Agnese Bertini, che aveva riportato, se non vado errato più del doppio dei voti del Pulidori, ma di prendere atto di quello che è successo dopo lo svolgimento di un’elezione che non si doveva e non si poteva svolgere nei giorni in cui si è svolta: sono risultati eletti nelle due principali cariche colleghi incandidabili, altri sei colleghi eletti si sono dimessi in segno di protesta, si è dato corso ad uno scorrimento della graduatoria che non ha consentito di coprire tutti i posti rimasti vacanti, tanto che si è dovuto infine ricorrere ad un’elezione suppletiva, non prevista dalla legge, che ha consentito di reintegrare il numero di consiglieri (quindici).

L’elezione non si poteva tenere negli ultimi giorni di maggio perché il Consiglio dell’Ordine aveva già rinviato l’elezione prevista in un primo momento per la fine di gennaio sul presupposto che il doppio mandato era un problema di rilevanza nazionale e locale. Era intervenuto un decreto legge nel quale per l’appunto si diceva che la normativa vigente si doveva interpretare nel senso che non si poteva candidare chi avesse già svolto due mandati, anche se espletati solo in parte, e quindi era opportuno attendere quanto meno la conversione in legge del decreto. Cosa già di per sé opinabile, ma comunque la conversione in legge del decreto è avvenuta nel febbraio. Già nel febbraio c’erano tutti i presupposti per ritenere incandidabili  … gli incandidabili. Ed invece si è andati avanti lo stesso, e si è deciso di andare comunque alle elezioni alla fine di maggio, nonostante il quadro normativo fosse chiaro nel senso sopraesposto.

Ma c’è un altro motivo per cui non si poteva votare alla fine di maggio, ed è che il 6 di maggio la Commissione elettorale, chiamata a valutare le candidature in vista delle elezioni, ha preso atto che alcuni candidati, tra cui l’attuale Presidente e l’attuale Segretaria, avevano svolto più di due mandati, ma ha ritenuto, anche su espressa contestazione dei due colleghi, che non avesse il potere di assumere provvedimenti ostativi all’ammissione di quelle candidature, che dovevano ritenersi regolarmente presentate. Se qualcuno voleva lamentarsi lo avrebbe potuto fare con un reclamo.

I due colleghi evidenziarono, in quell’occasione, che a loro giudizio non avevano svolto due mandati consecutivi, e che in ogni caso la normativa vigente doveva ritenersi incostituzionale, in linea con le ordinanze di rimessione di quelle norme alla Corte Costituzionale da parte del Consiglio Nazionale. Come a dire che comunque pendeva un giudizio dinanzi alla Corte.

Ma allora il Consiglio dell’Ordine, che già aveva rinviato le elezioni in attesa della conversione in legge del decreto che ribadiva l’incandidabilità di chi avesse espletato due mandati, avrebbe ben potuto rinviare le elezioni fissate per la fine di maggio, fino almeno alla fine di luglio, come peraltro espressamente consentito dal decreto legge in questione. Si poteva aspettare il pronunciamento della Corte Costituzionale, che è avvenuto pochi giorni dopo l’elezione del Consiglio, a metà giugno.

Ed invece il rinvio non c’è stato: si sono prese per buone due candidature che a mio giudizio non si potevano prendere per buone, come nemmeno la Commissione le ha prese per buone, sebbene non le abbia contestate, perché il tenore letterale della legge è francamente così chiaro da non poter ingenerare nemmeno il minimo dubbio al riguardo.

Le elezioni si sono così celebrate, reclami non ce ne sono stati, ed il Consiglio è quello … che è oggi: sostanzialmente delegittimato non da polemiche, ma dalla legge.

La risposta dei membri del COA, e del suo Presidente, è sempre la stessa: che per l’appunto non ci sono stati reclami. Cioè una risposta formale, che non fa venir meno i fatti. Una risposta formale come quella di ritenere chiusa l’assemblea in prosecuzione dopo mezz’ora, e dopo tre mesi dall’inizio, perché era solo una prosecuzione.

Altre iniziative saranno intraprese dagli avvocati “ribelli”, ma resta l’amaro in bocca, come tutte le volte che si cerca di aggirare i fatti, che notoriamente hanno la testa dura, con i cavilli, le circonlocuzioni, le virgole e i commi. Sembrerebbe che siano cose da avvocati, ed invece …

Ed allora che fare? L’unica cosa da fare la deve fare il Consiglio dell’Ordine: un provvedimento ricognitivo, una delibera consiliare, che in via di autotutela prenda atto che non c’erano le condizioni per votare a gennaio scorso, e non c’erano nemmeno per votare a fine maggio, sia perché il quadro normativo si era stabilizzato nel senso dell’incandidabilità di chi avesse svolto due mandati, sia, quanto meno, perché la Corte Costituzionale si sarebbe pronunciata di lì a poco sulla norma che era la madre di tutte le battaglie. In questa delibera ricognitiva si dovrebbe anche avere il coraggio di dire che al di là delle posizioni e dei gravi dissidi emersi, i membri del Consiglio attuale ritengono di dover fare un passo indietro, dimettendosi in massa. Per motivi anche di interesse pubblico sottesi all’ordinato e sereno svolgimento delle funzioni del Consiglio, a maggior ragione in considerazione del fatto che lo scorrimento della graduatoria e le elezioni suppletive che si sono rese necessarie per reintegrare l’organo, dopo le dimissioni di ben sei consiglieri, ed in questo clima surriscaldato, hanno prodotto come conseguenza un grave vulnus di rappresentatività al Consiglio, essendo stati nominati consiglieri colleghi che avevano ottenuto, o hanno ottenuto in sede suppletiva, pochi o pochissimi voti. Le dimissioni degli attuali Consiglieri provocherebbero il commissariamento del Consiglio, per il tempo strettamente necessario allo svolgimento di nuove elezioni, nel rispetto delle regole.

Potrebbe essere un atto, forse il solo, che potrebbe pacificare l’Ordine pisano, devastato ormai da mesi da una gravissima spaccatura che non è il frutto di malanimo, o di strategie, o di invidie, o altro, ma semplicemente il frutto dell’aver visto infranta la certezza della legge, che era già certa a gennaio.

A margine di tutto, in un contesto che ha destato il più  vivo sconcerto, c’è poi la posizione di Agnese Bertini, per come evidenziata nella scorsa assemblea di luglio. A sentire il suo intervento non ci si possono non porre molti interrogativi. Ma il punto resta che le elezioni non potevano essere celebrate".