Botte a scuola coranica: maestri patteggiano

Metodi violenti per far imparare a memoria i versetti a bambini e ragazzi tra i 7 e i 17 anni. Il processo si è svolto con rito alternativo

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Le videocamere nascoste dagli inquirenti avevano documentato l’utilizzo di mazze per "convincere" bambini e ragazzini (una sessantina tra 7 e 17 anni) ad imparare a memoria i versetti del libro sacro. Il blitz nel dopo scuola coranico scattò in un pomeriggio di giugno 2019 al culmine di attività investigativa durata mesi della Squadra Mobile di Pisa – coordinata dal sostituto procuratore della Repubblica Flavia Alemi – che, per la Procura, aveva offerto agli inquirenti un quadro sufficiente a far partire l’operazione per fermare i maltrattamenti.

Nei guai finirono il maestro ed i suoi due collaboratori che ieri davanti il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Pisa hanno chiesto e ottenuto il patteggiamento della pena.

Il giudice ha applicato di 2 anni di reclusione (pena sospesa) per il maestro di Corano, difeso dall’avvocato Enrico Roccasalvo; un anno e sei mesi di reclusione (pena sospesa) per un collaboratore del maestro difeso dall’avvocato Alessio Righini; e un anno e quattro mesi di reclusione (pena sospesa) per il terzo collaboratore difeso dall’avvocato del foro di Pisa Antonella Antonelli.

La posizione più delicata, nella vicenda, era appunto quella del 46enne maestro, senegalese, le cui punizioni corporali, sugli alunni poco attenti o di scarso apprendimento erano state riprese dalle microcamere istallate dagli inquirenti. Ma sono arrivate davanti al giudice anche le posizioni dei "lettori" del Corano, di 26 e 23 anni, la cui responsabilità – nell’ipotesi accusatoria – sarebbe stata quella di non aver impedito le botte o per averle tollerate in diverse occasioni.

Un’indagine capillare e profonda quella condotta dal pm Alemi con gli uomini della Mobile pisana. Con lo strumento dell’incidente probatorio vennero cristallizzate le dichiarazioni degli alunni. Ma i ragazzini negarono di aver subito ogni forma di maltrattamento e riferirono di essersi sbagliati anche in quelle che erano state le loro dichiarazioni iniziali.

Ma in mano gli inquirenti avevano le immagini di ciò che accadeva in quella struttura. L’accusa che ha portato dall’indagine all’aula penale è il reato di maltrattamenti aggravati in quanto commessi ai danni di minori a loro affidati per ragioni di educazione e istruzione: per la procura atti di vessazione fisica e morale connotati da particolare violenza.

A far scattare le indagini fu una segnalazione e all’esito dell’operazione la vicenda – davanti alle prime cose emerse – destò clamore e sconcerto non solo a Santa Croce e nel Comprensorio del Cuoio. La presenza della scuola privata non era passata inosservata nel quartiere: siamo in pieno centro, a pochi passi dal Comune. Ma nessuno dei vicini aveva immaginato che i bambini e i ragazzi che frequentavano il centro, i maestri insegnassero l’educazione islamica con quei metodi.

Carlo Baroni

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