Pisa, 28 ottobre 2013 - Renato Nisticò soffre di Sclerosi Laterale Amiotrofica dal 2005. Dal 2008 è costretto a letto e dall’anno successivo può comunicare con un macchinario grazie al quale si può “scrivere con gli occhi”. Renato, ex direttore del settore letterario della biblioteca della Scuola Normale Superiore, è un intellettuale con all’attivo tre libri e tante pubblicazioni.

Florian, sull’uscio, stava passando in rassegna una ad una tutte le marche di ferri da stiro per scegliere la migliore, elencandone ad alta voce le caratteristiche. All’improvviso, un rumore simile a quello delle dita su una macchina da scrivere seguito da una voce metallica interrompeva il fiume di parole: «Fermatelo!». Risata dei presenti. La voce, l’unica che gli permette di comunicare, è diretta dalla mente di di Renato Nisticò. Affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica, nota come Sla, dal 2005, ora comunica attraverso un macchinario grazie al quale può “scrivere con gli occhi”, e dunque con la mente, che la malattia, limitando le sue ingiurie al corpo, lascia fino all’ultimo coscienti del mondo e delle persone attorno.

Florian, badante che si occupa di Renato assieme alla collega Natalia e ad altri amici, coglie l’ironia, sorride ed esce. La stanza è calda. Attorno al letto dove riposa Renato ci sono Sabrina, Giuseppina e altri amici che sono il cuore pulsante del circolo di persone rimaste vicine a Renato dopo la malattia. In cima all’armadio c’è una televisione per le serie preferite di Renato. In un angolo, uno stereo con delle cuffie e una pila di cd. «Mi imbarazzate. Ma potete rimanere qui a parlare», seguitava la mente di Renato coadiuvata dalla voce metallica. Ci sediamo.

Una mente che non si è mai fermata e che è rimasta quella brillante che gli ha permesso di vincere il concorso da bibliotecario, o meglio, direttore del settore letterario della biblioteca della Scuola Normale Superiore a fine anni Ottanta. Renato è un intellettuale con all’attivo tre libri e numerose pubblicazioni. Il suo capolavoro, “L’Arcavacànte”, ha avuto una straordinaria accoglienza dalla critica ma mai l’affermazione che forse avrebbe meritato presso il grande pubblico. Dato alle stampe nel 2006 ma scritto in larga parte all’inizio degli anni Ottanta, “L’Arcavacànte” dice molto della storia di Renato, permette di capire la sua visione del mondo e di apprezzarne la figura di intellettuale attento al suo tempo, al nostro tempo, a partire dagli studi compiuti all’università calabrese di Arcavàcata, dove tornò da dottorando dopo la laurea, la prima della regione e spesso nelle cronache dei Settanta e Ottanta per le tensioni sociali che contraddistinguevano quelle epoche. Renato le racconta da protagonista.

«L’esigenza di comunicare è molto forte in Renato – ci racconta Giuseppina Rosami, una delle sue più care amiche –. L’ho conosciuto a lavoro (sono infermiera) quando gli era stata appena diagnosticata la Sla. E non ho mai smesso di essergli accanto, magari per sopperire alle difficoltà soprattutto burocratiche che impediscono di avere i servizi a portata di mano, cosa di cui lui avrebbe bisogno». Perché le spese da sostenere sono davvero molte. «Negli scorsi anni lo Stato ha quasi azzerato i fondi per la non autosufficienza e non tutte le persone riescono a garantirsi le cure e l’assistenza domiciliare». Il punto è proprio questo. Essere autosufficienti sempre e comunque vuole anche dire poter scegliere dove trascorrere la propria vita. Autosufficienza è scegliere.

«Renato, che ha la famiglia in Calabria, ha scelto di rimanere qui a Pisa. Sebbene i suoi lo aiutino con l’affitto, ha bisogno di assistenza 24 ore su 24». Per questo, dall’altro ieri, è online la pagina dalla quale è possibile aiutare Renato per le spese di assistenza. «Ci teniamo a precisare – prosegue Giuseppina – che non si tratta di beneficenza o elemosina. È il sostegno ad un progetto ben preciso che dovrebbe essere sostenuto dallo Stato, cosa che non accade, come abbiamo visto dagli appelli e dalle manifestazioni del comitato “16 novembre”. In questo modo possiamo far conoscere la situazione dei malati di Sla attraverso una singola storia». Affascinante, aggiungiamo.

È il momento dei saluti. Mentre usciamo dalla stanza il rumore da macchina da scrivere si fa insistente. Ci fermiamo. «Una menzione di merito alla mia caregiver», dice Renato, riferendosi a Giuseppina. I loro occhi si incrociano. Anche il tempo, di solito senza pietà, si era fermato per un secondo a guardarli.

Francesco Bondielli