Pisa, 18 settembre - E pensare che fino a due giorni prima dell’inizio del torneo, il campo ero destinato a vederlo dalla tribuna». Ride di sottecchi Maurizio Pugliesi, «nonno terribile» della banda Pagliari, che, a 37 anni suonati, di passare il testimone proprio non ne vuol sapere. E per il quale, in verità, quello di cominciare la stagione dalla panchina e di finirla con la maglia «numero uno» sulle spalle, è stata una costante di quasi tutta la carriera: a Pisa, infatti, lo chiamò l’allora «diesse» Minguzzi per fare da chioccia prima a Lanni e poi a Sepe, ma a febbraio 2011 Pagliari gli affidò la maglia da titolare e non se l’è più tolta di dosso per un anno e mezzo. E anche nelle quattro stagioni in B a Rimini è sempre partito come riserva ma per due stagioni ha chiuso il campionato da titolare e gli unici a farlo rimanere in panca per tutto il torneo sono stati due veri e propri predestinati come il portiere dell’Inter Handanovic e quello dell’Atalanta Consigli.

Dunque quella di partire in seconda fila è quasi un’abitudine?

«Diciamo che è capitato spesso, ma quest’anno ha rischiato davvero di andarmi ancora peggio perchè se non modificano il regolamento sui contributi per l’impiego dei giovani credo che avrei trascorso quasi tutta la stagione in tribuna . Altroché panchina».

Poi è stata fatta giustizia?

«Non esageriamo. Direi piuttosto che hanno messo una toppa, consentendo a me, che ho 37 anni, ma soprattutto a qualche altro collega che di anni ne ha anche sei o sette in meno del sottoscritto di continuare a giocare a calcio. Un piccolo passo in direzione della meritocrazia».

Lei di fare da chioccia, quindi, proprio non vuol saperne?

«Basta intendersi sulle parole: in realtà credo che la mia esperienza possa essere  abbastanza utile anche ai miei compagni più giovani. Poi certo, anche se ho qualche annetto (ride ndr), rimango un calciatore e fisicamente sto pure abbastanza bene. Quindi, continuerò a fare il massimo in allenamento per convincere l’allenatore a schierarmi. Ma penso sarebbe strano, e anche sbagliato, il contrario».

E dall’alto della sua età deve sgolarsi parecchio per richiamare all’ordine i «ragazzotti» della difesa?

«Sinceramente il giusto. Anche perchè in tre partite hanno fatto grandissimi passi in avanti tanto che a  domenica, anche se L’Aquila nella ripresa hanno esercitato un notevole predominio territoriale, conclusioni pericolose in porta non ne ha fatte».

Quindi in Abruzzo vittoria meritata?

«Non ci sono dubbi. Ad un certo punto loro hanno buttato dentro anche quattro attaccanti, ma noi abbiamo continuato a difenderci con ordine, tanto che i pericoli maggiori li abbiamo corsi alla fine del primo tempo: prima quando De Sousa ha sbagliato da distanza ravvicinata e poi con il colpo di testa di Frediani che ho deviato in angolo. Nella ripresa, invece, sinceramente non ricordo di aver effettuato interventi degni di nota».

E anche i sette punti in classifica rispecchiano quanto avete fatto in questi primi tre turni?

«Alla fine sì. Forse ne meritavamo due in più in casa con il Frosinone, ma siamo stati pure un pizzico fortunati nella trasferta di Barletta. Dunque la classifica è giusta».