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di FRANCESCO PALETTI
IL CERIMONIALE, preparato da settimane, cambia quando il vicario generale, data lettura del documento di nomina firmato del Papa, si avvicina all’altare per dare il benvenuto al nuovo arcivescovo. Monsignor Antonio Cecconi, come consuetudine vuole, accenna il gesto del baciamano quale atto d’obbedienza, ma il nuovo arcivescovo si alza in piedi e lo abbraccia: poche formalità nei confronti di un amico e compagno di studi. Accade lo stesso con i canonici del capitolo della Cattedrale, dei consultori, dei vicari episcopali e foranei, dei rappresentanti degli ordini religiosi che seguono nel saluto. Ha preferito così Giovanni Paolo Benotto, insediatosi ieri alla guida della diocesi di Pisa. Perchè i religiosi che lo accolgono come nuovo pastore sono anche gli amici fraterni di tanti anni d’impegno pastorale al servizio della Chiesa pisana. «Torno, da vescovo pisano fra i pisani, commosso e anche un po’ intimorito da questa grande responsabilità che il Signore, tramite il Santo Padre, ha voluto attribuirmi» dice nel breve tragitto che separa piazza Manin — dove le autorità civili gli hanno tributato il benvenuto — dalla Cattedrale, stracolma di gente come raramente in passato. Entra in Duomo tra due ali di folla che applaude. Dopo 202 anni l’arcivescovo è nuovamente un pisano: l’ultimo era stato Ranieri Alliata, pastore della Chiesa di Pisa dal 1806 al 1836.

GIOVANNI Paolo Benotto, 59 anni, figlio di un operaio della Saint Gobain, della diocesi pisana conosce vizi e virtù: è stato prima segretario particolare dell’arcivescovo Benvenuto Matteucci, poi parroco a Oratoio e San Sisto in Cortevecchia, quindi, per dieci anni, vicario generale di monsignor Alessandro Plotti. «Conosco molto bene le tue doti e capacità perchè abbiamo lavorato a lungo insieme: con grande gioia e trepidazione ti consegno il pastorale, quello della diocesi che ti ha visto nascere e maturare la tua vocazione sacerdotale», gli ha detto l’arcivescovo uscente prima di cedergli la croce metropolita, simbolo della Chiesa pisana.

L’OMELIA con la quale il nuovo arcivescovo ha iniziato il suo ministero si è aperta con un ringraziamento «a te carissimo arcivescovo Alessandro, che consegni dal tuo al mio cuore questa Chiesa che hai amato con dedizione totale». Ed è proseguita facendo riferimento all’impegno che da oggi lo attende: «Per questa missione io consacro tutto me stesso. Offro tutta la mia vita, le mie povere capacità, mettendo a disposizione di questa Chiesa tutto quello che sono e tutto quello che ho». Non sono mancati riferimenti espliciti al ruolo del cattolicesimo nella società attuale: «L’impegno ad annunciare Gesù e il suo lieto messaggio si sostanzia di accoglienza rivolta a tutti, senza esclusione di nessuno, di condivisione serena, di ricerca di ciò che unisce, d’impegno a lavorare insieme e di sforzo e fatica nel superare barriere e ostacoli che limitano la capacità di camminare insieme verso mete comuni». Fra le tante autorità religiose giunte in Cattedrale a salutare il nuovo arcivescovo anche il cardinale di Firenze Ennio Antonelli e i vescovi di Livorno, Lucca, Massa Marittima, Volterra e San Miniato.