{{IMG_SX}}Perugia, 17 aprile 2009 - Fine pena mai per Alberto Pietrini. La Corte d’assise di Perugia dopo due ore di camera di consiglio ha condannato all’ergastolo l’imputato, accogliendo in tutto e per tutto le richieste del pm Sergio Sottani che lo accusa di aver assassinato con 17 coltellate la moglie Marisa Radicchia. E dopo un anno e una settimana si chiude il primo capitolo dell’omicidio di Casacastalda.

 

Non ci sono attenuanti per l’uomo, ma una valanga di aggravanti che oscillano dai futili motivi al "rapporto di coniugio" tra la vittima e il presunto aggressore, che dal carcere di Regina Coeli continua a professarsi innocente. Un delitto forse annunciato, secondo l’accusa, dai litigi col figlio Simone e le intenzioni omicidiarie confessate dall’uomo tra una chiacchiera e l’altra al bar del paese. La voce ferma del magistrato descrive la realtà in cui viveva la famiglia - i genitori erano separati e non vivevano più insieme - e la scena del crimine.

 

Col supporto della tecnologia tridimensionale la procura mostra un filmato, la ricostruzione dell’omicidio viene proiettata in aula per la prima volta a Perugia (se n’è occupata la societa 'Nventa Id'). Le immagini riproducono Pietrini che armato con un pugnale verniciato di rosso sferra la prima coltellata alla testa della moglie, "un delitto d’impeto" lo avevano già descritto i medici legali. "Un accanimento su un corpo che non ha più possibilità di difesa" insiste Sottani in requisitoria, mentre la scena scorre e si nota addirittura il cuscino che scivola dalla cassapanca e il coltello che rimane conficcato nel collo della donna.

 

Il figlio Simone osserva senza impressionarsi troppo, dopo la lettura del dispositivo della sentenza però esulta: "E’ andata benissimo, come speravo". Il presidente Massei, la collega a latere Bellucci e i giudici popolari hanno predisposto per lui, la sorella Venusia e i nonni materni una provvisionale immediatamente esecutiva di 200mila euro ciascuno a titolo di risarcimento, ma la vicenda proseguirà in sede civile.

 

"I soldi non mi ripagano del dolore" aggiunge Simone, per niente convinto di mettere in tasca neppure una minima parte di quella somma. Uno dei suoi avvocati, Morena Bigini, rincara la dose muovendo più di qualche dubbio sulle reali intenzioni di suicidio dell’uomo: "Il bagno dov’è stato trovato dai carabinieri è la stanza più lontana dalla cucina dov’era aperto il gas. Con l’esplosione della casa non voleva soltanto uccidere la moglie ma anche il figlio". "Dall’istruttoria è emersa chiaramente la colpevolezza di Alberto Pietrini - dice l’altro avvocato di parte civile Valter Biscotti - soprattutto in relazione all’arma del delitto e al fatto che sulla scena del crimine non c’era nessun altro".

 

Parla invece di una "sentenza prevedibile" l’avvocato della difesa Leonardo Romoli che preannuncia il ricorso in appello perché secondo lui "non c’è la prova schiacciante, ossia l’impronta sul manico del pugnale". Prima d’iniziare l’arringa il legale ha espresso "solidarietà verso i figli" della vittima.