{{IMG_SX}}Perugia, 6 febbraio 2009 - Tutto quello che sta emergendo nel corso dell'udienza sembra smontare le difese di Raffaele Sollecito e Amanda Knox. C'è l'ispettore della Polizia Postale Michele Battistelli, tra i primi a
giungere sul posto del delitto che, entrato in casa su invito di Sollecito, afferma di aver avuto subito grandi dubbi sull'ingresso di un ladro nella camera di una coinquiline.

 

"I vetri erano sopra i vestiti, una prassi strana". "Prima si rompe la finestra per entrare e poi si fruga tra i cassetti. I vetri dovrebbero essere sotto gli oggetti e i vestiti gettati da terra per cercare chissà che cosa". C'è poi la telefonata fatta ai carabinieri che Raffaele Sollecito dice di aver fatto appena ha visto arrivare la Polizia Postale. Erano le 12.25 del 2 novembre del 2007.

 

Ma quella telefonata sembra essere stata fatta alle 13, dopo l'arrivo degli agenti. C'è anche un altro elemento che va contro i due ex fidanzatini che affermano di aver passato la notte a casa di Sollecito vedendo un film, facendo l'amore e fumando molte canne. Ma il computer esaminato dalla Polizia Postale - è stato ribadito oggi in aula - è stato 'muto' dalle 21 fino alle 5.33 del mattino.

 

Raffaele però dice in aula: "Io sono vittima di un errore giudiziario, conoscevo a malapena Meredith". Il ragazzo pugliese resta convinto della sua innocenza. Amanda invece è ancora silente. Ma un testimone - giunto sul posto prima che si sapesse dell'omicidio - afferma che la ragazza americana, nonostante tutto, considerava normale che Meredith chiudesse la camera a chiave. Nonostante le macchie di sangue in molti posti e una finestra rotta.

 

In realtà per i coinquilini di via della Pergola il segnale della porta chiusa era inspiegabile. Mez lo faceva solo quando se ne andava in Inghilterra. Insomma, gli alibi vacillano. Già dalla seconda udienza. Domani sarà la volta del fidanzato italiano di Meredith citato come testimone dall'accusa.