{{IMG_SX}}Perugia, 26 giugno 2008 - Nel mirino delle difese di imprenditori e funzionari pubblici, coinvolti nell’inchiesta sugli appalti pilotati, ci finiscono le intercettazioni. Sì perchè gli avvocati difensori di coloro che ieri mattina si sono presentati davanti al Tribunale del Riesame di Perugia per la revoca delle misure cautelari, ci sono proprio finite le lunghe discussioni telefoniche e non solo, grazie alle quali l’accusa ha incastrato, per ora, 35 persone.

 

"Non esisteva una gravità del quadro indiziario per cui potevano essere disposte" dicono gli avvocati. Il pm, Manuela Comodi, ha spiegato però che le intercettazioni sono state disposte successivamente alla verifica effettuata dei fatti denunciati dal 'corvo', l’imprenditore che ha descritto per filo e per segno come funzionava il sistema delle assegnazioni. Il Tribunale del riesame (Carlo Giangamboni presidente, Marco Verola e Lidia Brutti, giudici a latere) ha comunque rinviato a oggi ogni decisione sulla revoca delle misure carcerarie e di quelle ai domiciliari. Forse addirittura a domani.

 

L’avvocato Luca Maori, che difende Gino Mariotti, uno degli imprenditori indagati che si trova in carcere, ha detto che il suo assistito è "estraneo ai fatti. Non c’è niente contro di lui, soltanto chiacchiere". E anche lui ha contestato l’uso delle intercettazioni telefoniche. Aspetto, questo, messo sul tavolo anche dai difensori di un altro imprenditore, Fabrizio Mezzasoma che si trova agli arresti domiciliari.

 

Gli avvocati Michele Bromuri e Stefano Tentori Montalto hanno contestato un altro aspetto delle intercettazioni, citando persino una sentenza della Cassazione di quest’anno: è cioè il protocollo prevede che siano utilizzati strumenti a disposizione della Procura, mentre le registrazioni su Dvd sono state effettuate con quelli della Squadra mobile della Questura.

 

Vizi procedurali, naturalmente, che non riguardano il merito delle contestazioni mosse dal pubblico ministero a Mezzasoma: Bromuri e Tentori hanno ribadito che il loro assistito aveva un ruolo marginale e che comunque già in sede di interrogatorio di garanzia aveva chiarito la sua posizione.

 

Uno degli esponenti di questa vicenda, anch’egli si trova in carcere, è Adriano Maraziti (nella foto), direttore dell’area Vibilità della Provincia di Perugia. Anche per lui ieri il suo legale, Franco Libori, ha discusso il ricorso al Riesame. Ma l’accusa, a sorpresa, ha tirato fuori un’altra carta nei confronti del funzionario. Secondo il pm, gli elementi raccolti dalla Sezione anticrimine della polizia, diretta da Marco Chiacchiera, dimostrano che Maraziti si sarebbe fatto fare dei lavori in una sua proprietà utilizzando un’impresa con un prestanome (albanese).

 

In realtà si sarebbe trattato di favori che Maraziti avrebbe ricevuto da taluni imprenditori, in cambio poi della gestione pilotata di alcuni appalti. Accuse che la difesa ha prontamente respinto, sostenendo che si tratta di lavori regolarmente commissionati e tutt’ora in corso d’opera. Libori, sempre ieri mattina, ha sostenuto che le intercettazioni, così come effettuate, sono illeggitime e che "stiamo preparando le carte per dimostrare che i lavori appaltati dal mio cliente, sono assolutamente regolari".

 

Ha dichiarato invece che il suo cliente è stato stato concusso, l’avvocato Giancarlo Viti. Il legale difende Orfeo Brunelli, imprenditore nocerino che si trova agli arresti domiciliari. "Non ha mai pagato nessuno" ha ripetuto Viti davanti al Tribunale del Riesame, contestando le modalità delle intercettazioni e chiedendo la revoca del provvedimento che pende nei confronti di Brunelli.