Tutti quanti vogliono fare il premier, perché resister non si può

Da Carlo Calenda a Giorgia Meloni. Ma gli alleati delle rispettive coalizioni frenano

Palazzo Chigi, sede del governo (ImagoEc)

Palazzo Chigi, sede del governo (ImagoEc)

Firenze, 28 luglio 2022 - Tutti quanti vogliono fare il premier, perché resister non si può. Sembra una canzone degli Aristogatti, ma è il ritornello politico-elettorale dell’estate del nostro scontento 2022, quella del Papeete 2 con Mario Draghi dimissionario e molti aspiranti sostituti. Nel centrosinistra, o comunque sia tra i riformisti lib-dem, prende l’abbrivio Carlo Calenda: “Noi pensiamo a un governo Draghi bis con una forte componente riformista e ci candidiamo a far questo, ma un Paese non si può fermare solo a una persona.

Per cui se domani Draghi dicesse che non è disponibile allora mi candiderei io”, dice il leader di Azione, seminando panico e bile tra i potenziali alleati, segnatamente quelli del Pd, che invece vorrebbero Enrico Letta come presidente del Consiglio e sono pronti a difenderlo, anche a costo di rispolverare antichi riflessi pavloviani. “Chi oggi mette in discussione Letta non sa di cosa parla e sarebbe ora di dire basta a questa idea della politica, perché abbiamo il fascismo alle porte, sarà il caso che ci si impegni in queste elezioni”, dice il sindaco di Bologna Matteo Lepore. Lo stesso Letta invece la prende larga; dice che il presidente del Consiglio l’ha già fatto una volta, è stato tutto molto bello ma poi fuori dal Palazzo - a Parigi a fare il professore - è stato tutto ancora più bello. Sicché, “derubrichiamo questa assurda discussione della premiership ma, se serve, assumo il ruolo di front-runner della nostra campagna elettorale, questa responsabilità, con la massima determinazione”. Nel centrodestra, invece, il fronte, diciamo così, è dislocato altrove.

È chiaro che la leadership naturale è quella di Giorgia Meloni, a capo di un partito che cresce da mesi, sondaggi alla mano, ma non tutti nel centrodestra ne sono persuasi: “Più che la leadership l’importante è avere una classe dirigente seria con esperienza in grado di governare il Paese. Serve una squadra, non un uomo o una donna sola al comando”, dice Antonio Tajani in un’intervista alla Stampa, sfiorando l’assurdo; se c’è un partito che da quando è nato è stato nelle mani di un Bobby Solo al comando è proprio quello degli italo-forzuti. Adesso però che rischia di diventare presidente del Consiglio, Meloni deve reagire, dice ancora Tajani, “mostrando serietà e dimostrando di essere diversi da come si viene dipinti”. Come a dire che certi fardelli storici esistono, come sostengono dalle parti del Pd, e vanno abbandonati. E poteva mancare proprio Silvio Berlusconi? “La premiership? È un tema che non mi appassiona. Non mi sembra che a sinistra abbiano indicato alcun candidato…”, dice il Cav al Corriere, prima del vertice che decide le regole: il capo lo fa chi prende un voto in più. Comunque fateci caso, vale per Berlusconi ma anche per altri: quando dicono che “il tema non mi appassiona” è proprio perché sono molto appassionati. Tutti quanti, tutti quanti…