I referendum sulla giustizia non interessano nemmeno alla Lega

Eppure il partito di Salvini li ha promossi. Ma il leader è troppo impegnato a impantanarsi con improbabili viaggi russi insieme a tal Capuano

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 2 giugno 2022 - “A dieci giorni dal voto, continua il silenzio dei talk show e dei tg della Rai sui referendum. Una censura certificata dall’Authority per le garanzie nelle comunicazioni. Possibile avere così tanta paura di informare i cittadini e di dare loro la libertà di esprimersi?”, dice l’europarlamentare della Lega Susanna Ceccardi.

Vero: la tv non si occupa dei referendum sulla giustizia. Ma nemmeno la Lega, che pure li ha promossi. Lo notava ieri Benedetto Della Vedova in un’intervista al Tempo: “La Lega ha il merito di averli promossi, ma ora sono spariti: non ne stanno facendo una priorità. Il Salvini garantista è durato poco, temo: si torna al Salvini garantista di sé stesso e per gli amici, ma manettaro per gli altri, in particolare per gli stranieri”.

La Lega ha raccolto le firme insieme ai Radicali, ma poi si è accorta che il tema della giustizia - con tutte le storture connesse - è impopolare, specie nella competizione con Giorgia Meloni. Peggio: suscita indifferenza. E per la politica non c’è niente di più repellente di ciò che suscita sentimenti contrastanti. Il risultato è che il quorum - non solo per responsabilità della Lega, certo - difficilmente sarà raggiunto. Resta il fatto che Salvini in queste settimane si è interessato di più al viaggio (mancato) in Russia. Si dirà: ma la guerra è più importante della giustizia. Ma questa non è una competizione. E in più i problemi sulla spedizione di Salvini sono altri.

La vicenda assume ogni giorno i contorni di una commedia sgangherata, grazie anche alla partecipazione straordinaria di Antonio Capuano, oscuro ex parlamentare di Forza Italia che fa da consulente a Salvini sulla politica estera. Ogni giorno l’avvocato Capuano rilascia un’intervista o una dichiarazione. “Non conosco questa persona, non l’ho mai visto. Mi vien solo da dire che i diplomatici che conosco sono persone abbastanza silenziose. Mi stupisce un po’ che questa persona continui a rilasciare interviste a nome di un partito che non rappresenta”, dice oggi al Corriere Lorenzo Fontana, vicesegretario della Lega con delega agli Esteri, un altro che evidentemente non ha il polso della situazione nel partito che pure vicedirige. Capuano invece sembra essere più presente a sé stesso, come si capisce da certe sue sortite. Come questa a Repubblica, per quanto ridicola: “Salvini aveva lavorato bene per il ritiro della candidatura di Mosca dall'Expo. C’era un dialogo rispettoso tra governo e leader. Quel giorno il discorso di Draghi è stato importante come immagine internazionale. È chiaro che non ci fu nessun accordo, però ci recammo all'incontro qualche ora dopo il discorso del premier al Senato. È da quel momento che comincia concretamente a decollare l'idea di un Piano nei quattro punti, così come lo avevamo immaginato”. Il fatto che il presidente del Consiglio non ne fosse minimamente informato?, ha chiesto Repubblica. Risposta: “Ma lo avremmo fatto. Chiaro che, se lui non fosse stato d’accordo, non saremmo mai andati a Mosca. Ed chiaro che il Piano lo avremmo scritto a sei mani”. Come: sei mani? “Noi tre”.

Evidentemente, un leader serio non si fa accompagnare dai Capuano. Un leader serio, se promuove referendum importanti, non li mette da parte solo perché scopre che, dal punto di vista elettorale, convengono poco.