PECORE ELETTRICHE / In carcere ci si suicida di più

Nel 2015, a fronte di una presenza media della popolazione detenuta pari a 52.966 persone, ci furono 39 suicidi (0,74 ogni mille detenuti). Nel 2020 ci sono stati 62 suicidi - di questi, 21 in attesa del primo giudizio - a fronte di 55.455 persone detenute (tasso di incidenza 1,11). Nel 2021 finora 19

Pecore elettriche

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Firenze, 22 giugno 2021 - In carcere ci si suicida sempre di più, dicono i dati del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria degli ultimi cinque anni. Nel 2015, a fronte di una presenza media della popolazione detenuta pari a 52.966 persone, ci furono 39 suicidi (0,74 ogni mille detenuti). Nel 2016 il tasso di incidenza è rimasto lo stesso, poi è aumentato nel 2017 (0,88), ma il balzo c’è stato nel 2018 con 64 suicidi per 58.372 persone detenute (1,1 tasso di incidenza dei suicidi). Nel 2020 ci sono stati 62 suicidi - di questi, 21 in attesa del primo giudizio - a fronte di 55.455 persone detenute (tasso di incidenza 1,11).

L’età media delle persone detenute che si sono suicidate è di 39 anni (le persone più giovani, suicidatesi nella Casa circondariale di Benevento, Brescia Canton Monbello e Como, avevano anni 23; quella più anziana suicidatasi nella Casa circondariale di Lecce aveva 84 anni).

Gli istituti penitenziari con il più alto numero di suicidi sono la casa circondariale di Como (3) e quella di Roma Rebibbia. Nel 2021, al 3 maggio, ci sono stati 19 suicidi. Età media: 44 anni. “Non posso non sottolineare la rilevanza del numero dei suicidi, accentuato anche nel periodo di difficoltà soggettiva che ha caratterizzato gli scorsi mesi: il tasso dei suicidi ha toccato nel 2020 l’1,11 per mille (62 in totale) delle presenze medie, mentre nel 2019 era stato lo 0,91 (55 in totale). A questi è doveroso aggiungere il numero di suicidi nel personale di Polizia penitenziaria: sei nell’ultimo anno”, dice il Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale nella sua relazione annuale. “Osservandone l’andamento nell’ultimo decennio, vediamo come dopo i livelli raggiunti tra il 2010 e il 2012 il tasso di suicidi registra un sensibile calo tra il 2013 e il 2016 per poi ricominciare bruscamente a salire nel 2017 fino a raggiungere il suo massimo nel 2020”, aggiunge l’associazione Antigone nel suo ultimo rapporto sullo stato di salute del sistema carcerario italiano. “Sebbene non si possa delineare una netta correlazione tra il numero di suicidi e le condizioni di detenzione delle carceri italiane, guardando tali dati non può non notarsi come la tendenza a crescere e diminuire del tasso di suicidi rifletta il generale clima penitenziario del periodo. Negli anni a ridosso della sentenza Torreggiani, vediamo infatti come insieme alla riduzione del tasso di sovraffollamento e quindi al raggiungimento di più dignitose condizioni di detenzione, anche il tasso di suicidi fosse notevolmente calato. Quando nel 2017 gli effetti della riforma hanno cominciato a perdere la loro iniziale portata, il tasso di suicidi è invece tornato malauguratamente a salire superando anche i livelli raggiunti prima del 2013”.

I dati sul 2020 confermano tale tendenza, dice Antigone: “Nell’anno passato, il tasso è continuato a crescere arrivando a raggiungere 11 suicidi ogni 10.000 persone mediamente presenti: erano quasi vent’anni che non si registrava un numero così alto. Sicuramente il 2020 non è stato un anno come gli altri, soprattutto all’interno degli istituti di pena. Nonostante la riduzione della popolazione detenuta, disposta in via straordinaria per arginare la diffusione del virus, altri fattori hanno contribuito a rendere più difficile del solito la vita in carcere. Fra questi, in primis, il distacco ancora più netto con il mondo esterno e i contatti ancora più rari con i propri cari, entrambi fonte di un grande sentimento di marginalizzazione già di per sé dilagante nella vita da reclusi”. Dunque, risulta “assai difficile interpretare come una semplice coincidenza l’aumento del tasso di suicidi proprio in un anno di grande sofferenza e solitudine come quello appena concluso”. Eppure qualche pm per mesi ci ha spiegato che in carcere si sta meglio che fuori.