Ergastolo ostativo, la Corte costituzionale sceglie di non intervenire

Intervista con Emilio Santoro, filosofo del diritto, dopo l'ordinanza della Consulta che dichiara incostituzionale l'ergastolo ostativo ma rimanda tutto al Parlamento

Carcere (Imagoeconomica)

Carcere (Imagoeconomica)

Firenze, 17 aprile 2021 - La Corte costituzionale ancora una volta rileva l’incostituzionalità di alcune disposizioni ma sceglie di non intervenire. Stavolta sull’ergastolo ostativo, una misura del regime penitenziario previsto dal nostro ordinamento che esclude dall’applicabilità dei benefici penitenziari gli autori di certi reati particolarmente gravi, come quelli di mafia, nel caso in cui il soggetto condannato non collabori con la giustizia.

Secondo il comunicato emesso dalla Corte due giorni fa a conclusione della camera di consiglio, l’ergastolo ostativo è incostituzionale - in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione, nonché con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu). L’articolo 3 della Costituzione riguarda la pari dignità sociale, mentre l’articolo 27 stabilisce che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. L’articolo 3 della Cedu invece “proibisce la tortura e il trattamento o pena disumano o degradante”.

Tuttavia, l’accoglimento immediato delle questioni di legittimità sollevate dalla Corte di cassazione - motivo per cui si è pronunciata la Corte - “rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata”, fanno sapere dalla Corte. La Corte ha perciò stabilito di rinviare la trattazione delle questioni a maggio 2022, per consentire al Parlamento di intervenire. Appunto ha scelto, di fronte all’incostituzionalità rilevata, di non intervenire, come era già accaduto nel caso Cappato. Anche lì, sul diritto a morire, si era rinviata la decisione al Parlamento, che puntualmente se ne sta infischiand “La Corte”, mi dice il filosofo del diritto Emilio Santoro, ordinario di Filosofia del Diritto all’Università di Firenze, “si è ormai inventata la legge incostituzionale che rimane in vigore per un anno, però questa volta ha usato questa invenzione in maniera impropria, perché ha anche scritto che l’ergastolo è in contrasto con l’articolo 3 della Cedu.

Quindi ha detto: ‘Dichiaro ufficialmente che lo Stato italiano sta compiendo un atto illegale (incostituzionale) che si traduce in un trattamento inumano e degradante, che c’è qualche centinaio di persone che sta soffrendo un trattamento inumano, ma dico allo Stato italiano che può continuare a trattare in maniera inumana le persone per un altro anno, e alla persone che sono trattate in maniera inumana che devono rassegnarsi a essere trattate così in maniera inumana per un altro anno!”.

Insomma, dice Santoro, “una follia! È come se un giudice di merito dicesse a una persona che sta massacrando di botte un’altra, ‘non lo puoi fare, è illegale, ma capisco che hai un problema di gestione della rabbia, e quindi ti dico che puoi continuare a picchiarla un altro po’ di tempo, però devi usare questo tempo per imparare a gestire la tua rabbia, mentre tu persona che stai prendendo le botte abbi pazienza perché lui si deve organizzare e imparare a gestire il problema della sua rabbia!’”. Secondo Santoro, “anche la tesi che l’accoglimento immediato delle questioni ‘rischierebbe di inserirsi in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata’ ha dell’allucinante. Direi che questa affermazione dà più motivo ai magistrati di sorveglianza di scendere in piazza a protestare davanti alla Corte di quanto il lockdown ne dia ai ristoratori per protestare contro Speranza”. Intanto, dice Santoro, fa pensare che “dichiarando incostituzionale il meccanismo dell’ergastolo ostativo i mafiosi tornino liberi. Invece abrogando l’ergastolo ostativo si consente ai magistrati di sorveglianza di valutare il loro percorso e verificare, come succede per gli autori di tutti gli altri crimini, se dopo 26 anni (mica uno) ci sono i presupposti per avere la liberazione condizionale. Sostenere che questo rappresenti un problema per il contrasto alla criminalità organizzata vuol dire sostenere che un pezzo dalla magistratura, la sorveglianza, non sa combattere la criminalità organizzata, battaglia che sicuramente fa parte dei suoi doveri, direi che ci sono gli estremi per la querela per diffamazione”.

La Cedu prevede che in alcuni casi ci siano delle deroghe in stato d’urgenza e che alcuni diritti possano essere sospesi. Ma l’articolo 3 su tortura e trattamento inumano non è uno di questi. È un diritto cosiddetto insospendibile anche quando si dichiara lo stato di emergenza e quindi non derogabile in nessun caso, “neppure per un motivo sicuramente nobile come la lotta contro la mafia”, dice Santoro. Secondo l’articolo 15 della Cedu, “in caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte contraente può adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale”. Insomma, dice Santoro, “neanche se consideriamo quella contro la mafia una guerra (come la Corte sembra suggerire), si può continuare a violare l’articolo 3 della Cedu”. L’Italia, peraltro, ha già subito condanne e sanzioni dall’Europa, sempre per violazione dell’articolo 3, a causa del sovraffollamento carcerario.