Firenze, 20 novembre 2022 - Il mio social media preferito, almeno per ora, è Twitter. Sarà perché nasce come piattaforma di micro-blogging, quindi lo sento più attinente alle mie esigenze comunicative. Negli ultimi anni molte funzioni sono state aggiunte, alcune ne hanno migliorato la fruibilità e ampliato l’uso. Altre sono rimaste ferme; il tentativo di creare un media che utilizzi più media sembra essersi bloccato. D’altronde c’è chi dice che è meglio far una cosa sola e farla bene. Si dice anche che Twitter sia il social delle élite, piace ai giornalisti, ai politici, è limitato insomma ad alcune bolle. Ora Twitter, che da tempo non è più quello di Jack Dorsey, ha un nuovo padrone: Elon Musk. L’uomo più ricco del mondo. Ora, io non ho niente contro il cambiamento. Anzi. Di solito mi piace cambiare lavoro ogni tre-quattro anni (mi sono licenziato due volte da due giornali diversi, la prima volta a 30 anni, la seconda a 36) e adoro le innovazioni. Qui però non capisco bene che cosa voglia fare Musk. Il problema non è riportare Donald Trump, che è stato stupido cacciare, su Twitter (giusto ieri Musk ha lanciato un sondaggio in cui si chiede agli utenti se riportare l’ex presidente statunitense su Twitter oppure no: io sono favorevole). Ma capire che cosa si intenda per free speech, per libertà di parola. Elon Musk dice di voler trasformare Twitter nel tempio della libertà di pensiero. È un meta dibattito: si parla di Twitter… su Twitter. Musk sembra essere molto divertito dallo spettacolo, persino dalle critiche che gli arrivano. Alcune per la verità sembra soffrirle, come quelle che gli sta riservando lo scrittore Stephen King. Non è ancora chiaro quale sia il punto di caduta. Magari Twitter diventerà un posto bellissimo. Intanto però mi chiedo quali siano le alternative. Alcuni si stanno iscrivendo a Mastodon, che però a detta di chi lo usa sembra un Twitter di dieci anni fa. Lo scrittore Don Winslow, molto attivo (anche politicamente) su Twitter, invita i suoi lettori a rimanere dove si è, per migliorare la piattaforma. “L’abbiamo costruita noi”, dice. Tecnicamente, l’hanno costruita gli informatici e gli ingegneri di Twitter e senza di loro, vista la fuga delle ultime settimane, la baracca rischia di chiudere. Dunque a questo punto mi chiedo se non valga la pena riflettere sulla cosiddetta fine dei social media. Un recente articolo di The Atlantic ci invita a pensare che il possibile crollo di Facebook (eh già, anche Mark Zuckerberg ha i suoi problemi) e Twitter, fra gli altri, sia una opportunità, “non per virare verso una qualche piattaforma equivalente, ma per accogliere la loro rovina, un qualcosa di impensabile prima”. Ammetto che l’idea di tornare a una qualche forma di epoca pre social media non mi dispiacerebbe. Un’epoca di blog e newsletter. Ma in realtà anche video e podcast (ascoltate le Pecore Elettriche sul sito di QN e su Spotify!) potrebbero già essere più densi di significato e utili di quel che Facebook e Twitter hanno da offrire al momento. In fin dei conti il casino che sta facendo Musk con Twitter, fra licenziamenti, b outade con cambi repentini di idee, ha quantomeno un pregio. Ci ricorda che il mercato, quando c’è un bisogno, cerca di soddisfarlo. pecore.elettriche@lanazione.net