Fallimento partiti, astenersi perditempo

Il capo della Lega ha provato a intestarsi una battaglia senza evidentemente avere piani alternativi solidi. È mancato un metodo, a voler essere gentili

Pecore elettriche

Pecore elettriche

Firenze, 30 gennaio 2022 - Mattarella bis e così sia. Festeggiavano, ieri, i vari leader di partito. Da Roberto Speranza a Enrico Letta, da Matteo Salvini a Silvio Berlusconi. Per la seconda volta nella storia sono stati costretti a rieleggere un Presidente della Repubblica al termine del suo mandato, incapaci di mettersi d’accordo su un nome condiviso, se non da tutti, da buona parte del Parlamento. Per la seconda volta di seguito hanno chiesto al presidente uscente di restare al Quirinale. Probabilmente, all’insediamento, non si ripeterà il bis del 2013, quando Giorgio Napolitano si scagliò contro quei partiti e quelle forze parlamentari che lo avevano implorato di proseguire, denunciandone "l’inconcludenza" e criticandone l’"impotenza ad adempiere al supremo compito costituzionale dell’elezione del Capo dello Stato. Di qui l’appello che ho ritenuto di non poter declinare – per quanto potesse costarmi l’accoglierlo – mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del paese".

Ci sarebbe maggior dignità in questa rielezione, dicevano ieri in Transatlantico alcuni parlamentari, perché stavolta non sono stati i leader ad andare quasi in ginocchio dal presidente della Repubblica, ma sono stati gli stessi grandi elettori a manifestare un consenso crescente per la riconferma. Al punto tale che se i leader non si fossero messi d’accordo sarebbero stati gli stessi elettori presidenziali a votare in massa per Mattarella. Magari è vero. Ma il problema - e prima o poi bisognerà pur parlarne - è che in Italia c’è una classe dirigente deresponsabilizzata. Lo notava ieri Pasquale Annicchino: “La storia dei 50enni incapaci e degli ultra-settantenni chiamati alla supplenza eterna non è la storia di un’elezione. È quella del disastro di una generazione. In quasi tutti i settori di attività del Paese”. Ci saranno naturalmente delle eccezioni, ma il punto mi pare chiaro. Tra questi quasi-cinquantenni politicamente deboli non possiamo non mettere il leader della Lega, che questa settimana è tornato in forma Papeete. Non è un granché questo Salvini versione “kingmaker”: prima ha prodotto una rosa di nomi dai petali finti - Marcello Pera, Carlo Nordio, Letizia Moratti - poi ha buttato nella mischia la presidente del Senato, sapendo che il centrosinistra non l’avrebbe votata e che neanche il centrodestra la considera all’altezza (nemmeno come presidente del Senato). Il centrodestra ha un problema di leadership. Il capo della Lega ha provato a intestarsi una battaglia senza evidentemente avere piani alternativi solidi. È mancato un metodo, a voler essere gentili. Ha proceduto a tentoni, a tentativi sgangherati.

Anche perché Salvini sembra essere interessato solo al duello interno con Giorgia Meloni, che in settimana si è persino concessa il lusso di far votare Guido Crosetto presidente per dimostrare a Salvini come si sta a tavola. Astenersi perditempo e festeggiamenti.

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