5 Stelle, caduta libera e l'incognita estiva

C'era una volta il Movimento Cinque Stelle

C'era una volta il Movimento Cinque Stelle

Firenze, 10 luglio 2022 - Ma il governo Draghi resisterà fino alla fine?, è la nuova domanda dell’estate, che in realtà era la vecchia domanda della primavera, che in realtà era la domanda con cui siamo partiti quando l’ex presidente della Bce è giunto al soglio di Palazzo Chigi. Nel frattempo ne sono successe parecchie, o quantomeno abbastanza, tra cui una guerricciola scatenata dalla Russia che Dibbadvisor, al secolo Alessandro Di Battista, metterà nella sua guida alle migliori dittature in giro per il mondo.

Al che, la domanda sorge spontanea: che cosa faranno i Cinque stelle? Che cosa farà la Matteo Salvini? Beppe Conte è in vena di penultimatum, Salvini è alla ricerca di se stesso dopo che Giorgia Meloni si è presa - dice Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera - metà dei suoi voti.

Luigi Di Maio se n’è andato, portandosi dietro oltre sessanta parlamentari e giurando fedeltà al draghismo, e c’è persino chi ne parla bene, come il sindaco di Milano Beppe Sala, con cui Di Maio è stato a colloquio per un paio d’ore, scatenando la legittima domanda di Carlo Calenda: ma che c’è c’azzecca Di Maio? Se però il M5s e la Lega decidessero che la festa è finita, beh, a poco servirebbe il ministro degli Esteri con la sua truppa parlamentare. Servirebbe un’altra maggioranza. Intendiamoci, per ora sono solo sceneggiate.

Le fa Conte, con il suo documento di nove punti consegnato al presidente del Consiglio, che rilancia ogni giorno l’idea di andarsene perché non è più aria per il M5s al governo. Persino Nicola Zingaretti dice che Conte non è più il punto di riferimento fortissimo dei progressisti, “mi pare una cosa superata”, ha detto.

“Un dato di fatto, non un giudizio, eh”. Un altro dato di fatto, diciamo, potrebbe essere il seguente: il populismo di governo non funziona, l’assalto lanciato dai Cinque stelle negli ultimi dieci anni di vita politica ha iniziato a spegnersi nel momento in cui i grillini sono arrivati al governo e nel momento in cui sono persino arrivati dei risultati, per l’agenda populista, come il taglio del numero dei parlamentari. Il M5s può funzionare solo se è il fasciocomunista Dibba a guidarlo.

Per il governo l’altro grattacapo è Matteo Salvini (non la Lega, attenzione). L’ex ministro dell’Interno sembra aver perduto il passo, non riuscendo a ripetere i fasti della stagione precedente, quando trasportò la Lega dal 4 per cento a oltre il 30.

Come se ormai non fosse più possibile sparare di nuovo la pallottola dell’outsider-segretario. Dall’estate del 2019, da quella insomma del Papeete Beach, il leader della Lega non si è più ripreso. A differenza di partiti di sinistra pronti a logorare, sbranare e digerire i propri capi nella morsa delle correnti (citofonare Pd), la Lega mantiene intatto un certo rispetto per chi guida il partito. Il che non significa che i problemi non esistano. Dentro e fuori la Lega. Meloni è un competitor serio. Salvini lo sa e soffre la sfida con la leader di Fratelli d’Italia.

Ma le soluzioni del segretario leghista finora non hanno portato grandi risultati. Posto che nella Lega non si rottamano i segretari, per quanto ancora la dirigenza - Giancarlo Giorgetti, Luca Zaia, Massimiliano Fedriga - potrà permettersi di restare leale al suo segretario, prima che gli scappi di nuovo la frizione?

[email protected]