L'anno del pensiero magico

Il calendario dell’emergenza sanitaria si è saldato a quello delle festività, producendo uno strano miscuglio di ansia e pensiero magico

Festività e Covid

Festività e Covid

Firenze, 27 dicembre 2021 - Come ogni anno da due anni a questa parte, il Natale è stato salvato. Ora c’è da salvare il Capodanno. Poi probabilmente la Befana, dunque la Pasqua, poi il Ferragosto, infine di nuovo il Natale. Il calendario dell’emergenza sanitaria si è saldato a quello delle festività, producendo uno strano miscuglio di ansia e pensiero magico: se faccio questo, allora non accadrà quest’altro.

E dire che abbiamo le task force, i comitati tecnico scientifici, una caterva di esperti - immunologi, virologi, epidemiologi - che concionano in tv ogni giorno da due anni. Hanno sostituito le showgirl e i peones, ma solo provvisoriamente, salvo diventare a loro volta showgirl e peones. Tuttavia non riusciamo a uscire da questi binari: dobbiamo essere allo stesso tempo terrorizzati e rassicurati.

I numeri sono lì per terrorizzare (il numero dei contagi, delle ospedalizzazioni, delle mutazioni delle varianti), le rassicurazioni sono lì per rassicurare (la principale è o dovrebbe essere il vaccino, che però ha un concorrente di convenienza, il tampone da farmacia, cosiddetto rapido, il cui margine d’errore è così elevato che viene da chiedersi che senso abbia farlo; semplice, per essere rassicurati). Eppure, anche ciò che terrorizza e rassicura dopo due anni dovrebbe essere mutato come il virus. Invece, sembra tutto immobile. In certi casi, a dire il vero, si assiste persino a una regressione (tornano le mascherine all’aperto senza alcuna “evidenza scientifica”).

I numeri andrebbero visti meglio, dato che da questi dipende il colore delle Regioni e le relative restrizioni. “Oggi più dell’80 per cento dei letti sono per i non vaccinati”, dice l’immunologo Sergio Abrignani al Corriere. “Se le Regioni dal giallo passeranno all’arancione, e speriamo non al rosso, la responsabilità sarà in gran parte di chi ha rifiutato la profilassi anti Covid”.

I dati dell’ISS, Istituto Superiore di Sanità, ci dicono che una persona non vaccinata di 80 anni ha un rischio 85 volte più alto di andare in terapia intensiva rispetto a un vaccinato. Il rischio è 13 volte più alto tra 60 e 79 anni e 6 volte maggiore tra 40 e 59, dice ancora Abrignani: “Se fossimo tutti vaccinati i letti intensivi occupati sarebbero il 20-25 per cento degli attuali, quindi tutta l’Italia sarebbe bianca.

Sui 3 milioni circa di over 50 non vaccinati, 1,4 milioni sono over 60, l’8 per cento circa della popolazione totale di questa età. Una minoranza che però riempie le rianimazioni e condiziona la vita del 92 per cento che adempie al dovere”. Questi numeri non dovrebbero terrorizzare chi si è vaccinato due volte, magari già tre, ma chi dopo due anni e 140 mila morti ha scelto consapevolmente di non vaccinarsi. Per ideologia o timore, a un certo punto di questa traiettoria diventa poco importante.

Chi ha deciso di non vaccinarsi perché no vax, ha avuto purtroppo molte possibilità di cambiare idea. I giornali sono pieni di racconti di no vax morti “illustri” perché hanno rifiutato vaccini e cure. Parlare con queste persone è inutile; non li ha convinti la morte, perché dovrebbero essere convinti dalle nostre parole, dagli argomenti, dai dati? Con i timorosi il discorso è stato diverso, forse lo è ancora se avete ancora un po’ di pazienza. Ma la pazienza potrebbe anche essere esaurita, visto che il timore di un non vaccinato sottrae posti letti a chi ne ha bisogno. In una società psicologizzata come la nostra, dove cerchiamo risposte nella psicologia, nella psichiatria e nella farmacologia per ogni nostro malessere esistenziale, possiamo anche dare peso alle nostre angosce e alle nostre ansie persino nei confronti dei vaccini.

Mi farà male? Avrò conseguenze sul lungo periodo? È passato sufficiente tempo - due anni sono un tempo enorme anche se non avete particolari ansie sulla vita che fugge - da pensare che adesso, con la popolazione in stragrande maggioranza vaccinata, è giusto che i colori delle Regioni, i green pass, le restrizioni si applichino per i non vaccinati. Non è questione di creare ghetti o sperequazioni sociali che nessuno vuole. Però c’è differenza fra quando la pandemia è iniziata e oggi. E la differenza la fanno i vaccini. Questa non è più un’emergenza, perché tutto quello che doveva emergere è già emerso. I vaccini hanno fatto e stanno facendo il loro lavoro.

C’è un problema di attese, aspettative e obiettivi. Se qualcuno si aspetta che il vaccino immunizzi al 100 per cento, la delusione lo attende, perché nessun vaccino garantisce una copertura totale (un argomento che viene utilizzato strumentalmente dai no vax quando un vaccinato con due o tre dosi risulta positivo). Se l’obiettivo è far diventare la pandemia un’influenza non letale, con la gente che si contagia, magari poi si ammala ma senza finire in ospedale e soprattutto senza morire, allora tutto il ragionamento pubblico attorno alla “malattia” deve cambiare. Devono cioè cambiare le procedure burocratiche (dal cambio di colori alle quarantene) e le restrizioni, che non possono più valere allo stesso modo per vaccinati e non vaccinati. Il resto è materia da pensiero magico.