Sorpresa, anche i Cinque stelle non reggono ai Cinque stelle

I populisti sono finalmente diventati un partito, votando a favore dell’accesso al 2 per mille. E dire che, come su altre battaglie irreprensibili, il M5s ha sbracato

Di Maio con Conte

Di Maio con Conte

Firenze, 2 dicembre 2021 - Sorpresa, i Cinque stelle non reggono all’urgenza del complesso momento politico italiano. C’è un’emergenza sanitaria da affrontare ancora, con nuove recrudescenze e nuove restrizioni, e c’è un presidente della Repubblica da eleggere, sul quale si sa ben poco al di là delle chiacchiere quotidiane sui giornali. Donna? Uomo? Draghi? Mattarella a progetto? Chissà. Le vie del parlamentarismo, nonostante tutto, sembrano essere pressoché infinite ma non perché c’è la logica a sovrintenderle, eh no. Il sovrano si chiama Caos. Persino il Pd sembra aver capito che i Cinque stelle non reggono, il duello Conte-Di Maio ancora non è finito e non si sa se c’è qualcuno che governa i due numerosi gruppi parlamentari di Camera e Senato. Anzi nel M5s siamo ancora al carissimo babbo. I populisti sono finalmente diventati un partito, votando a favore dell’accesso al 2 per mille.

E dire che, come su altre battaglie irreprensibili, il M5s ha sbracato. “Con il trucco del 2 per mille... i partiti continueranno a battere cassa sottraendo risorse al bilancio dello Stato”, diceva il 23 luglio 2013 l’allora segretario dell’Ufficio di Presidenza della Camera, il deputato M5s Riccardo Fraccaro. Ma di dichiarazioni simili sono pieni gli archivi, basta cercare: “Il M5s ha rinunciato a 42 milioni di euro di finanziamenti pubblici, non ruba soldi ai cittadini tramite il finanziamento pubblico o la truffa del 2 per mille o tramite le donazioni di boss sotto chiave” (Blog Beppe Grillo, 25 maggio 2016); “Non usufruiremo dei fondi del due per mille... Se una forza ci crede veramente può fare politica senza privilegi e fondi pubblici” (Luigi Di Maio, 7 dicembre 2017); “Se avremo la maggioranza di governo elimineremo il 2 per mille ai partiti, faremo in modo che ci sia massima trasparenza su fondazioni e casse dei partiti e faremo una legge sul conflitto di interessi” (Luigi Di Maio, 6 febbraio 2018); “Lo stop al 2 per mille in anticipo ai partiti ‘è un passo indietro che ci soddisfa’. Sarebbe stato ‘veramente irrispettoso cercare di approfittare di questa fase così difficile per gli italiani…’. È quanto sottolineano fonti di governo M5S”. (ANSA, 11/5/2020). “Non bastava dunque la truffa del 2x1000, non bastavano i residui dei rimborsi elettorali, no. Alla fine trovano sempre un modo per mungere altri soldi allo Stato e ai cittadini” (Vito Crimi, 13 agosto 2017). Si potrebbe andare avanti per ore, ma per carità di patria meglio fermarsi qui. Resta tuttavia il punto: chi controlla i Cinque stelle? Forse nessuno, di certo non Giuseppe Conte, l’uomo isolato al comando.

Questo basta per dare per morti i populisti? La notizia della loro scomparsa è fortemente esagerata. Tom Nichols nel suo ultimo saggio, “Il nemico dentro”, pubblicato da Luiss University Press, scrive che viviamo un’epoca di straordinaria prosperità. Siamo più ricchi, più istruiti, meno discriminati, meno insicuri, non ci sono guerre infinite, nessuno di noialtri occidentali deve temere la coscrizione. Tra i sostenitori dei populisti ci sono non soltanto i disperati, ma anche gli annoiati. D’altronde, non c’è bisogno di essere necessariamente poveri per votare i populisti. Anche perché non tutto può essere ridotto a una condizione economico-finanziaria, che pure conta, come dimostra l’allarme - da verificare - per l’inflazione galoppante. Le persone vogliono essere in controllo della propria vita e non è detto che questo stato di agiatezza abbia migliorato l’effettività delle nostre decisioni. Per questo se i Cinque stelle si preparano a una futura debacle elettorale (prima o poi, d’altronde, si voterà), c’è anche chi è pronto a riscoprire il ruolo di banca della rabbia, per dirla con Peter Sloterdijk. A destra?