"Puntiamo alle misure alternative per ridurre il sovraffollamento in carcere"

Il rapporto di Antigone sulla detenzione. Triste primato fiorentino: a Sollicciano si sono verificati 105 episodi di autolesionismo ogni 100 detenuti, a Cassino 60, a Cagliari 50 e a Imperia 49

Carcere (immagine di repertorio)

Carcere (immagine di repertorio)

Firenze, 29 luglio 2021 - Serve un nuovo regolamento penitenziario, dice l’associazione Antigone, che si batte per i diritti e le garanzie nel sistema penale. Quello in vigore risale al 2000 e ha bisogno di una necessaria rivisitazione: “Oggi è necessario ripensare disposizioni che risalgono a un modello di carcere diverso da quello che le esperienze del nuovo millennio - comprese quelle della pandemia - permettono di configurare”, scrive Antigone nel suo rapporto di metà anno, presentato stamattina. Al 30 giugno 2021, i detenuti erano 53.637, di cui 2.228 donne (4,2 per cento) e 17.019 stranieri (32,4 per cento), per 50.779 posti ufficialmente disponibili e un tasso di affollamento ufficiale del 105,6 per cento. Tuttavia, i posti effettivamente disponibili erano 47.445, come già ricordato dal Garante nazionale, il che significa che il tasso di sovraffollamento reale era del 113,1 per cento.

Ben undici gli istituti penitenziari con un affollamento superiore al 150 per cento. I cinque peggiori: Brescia (378 detenuti, 200 per cento), Grosseto (27 detenuti, 180 per cento), Brindisi (194 detenuti, 170,2 per cento), Crotone (148 detenuti, 168,2 per cento), Bergamo (529 detenuti 168 per cento). Un detenuto su quattro è tossicodipendente e più di un detenuto su tre è in carcere per violazione del Testo unico sulle droghe.

“Al 30 giugno 2021 i detenuti per violazione del Testo Unico sulle droghe erano 19.260 (il 15,1 per cento sul totale delle imputazioni); di questi, 658 donne e 18.602 uomini. Il 33 per cento sul totale dei detenuti reclusi per droga è straniero, le donne sono il 3,4 per cento, a fronte del 4,1 per cento del totale della popolazione detenuta. La detenzione per droga in proporzione dunque incide più sugli uomini che sulle donne. Nel corso del 2020 sono stati 10.852 i detenuti in ingresso negli istituti penitenziari per questo reato, il 30,8 per cento sul totale”, scrive Antigone. Il dato sulla tossicodipendenza è da sottolineare: “Se si volge lo sguardo alla persona e non al reato, i dati raccontano di come circa 1 detenuto su 4 sia tossicodipendente. Vi è stata una crescita di 10 punti percentuali - tra il 2005 e il 2020 (i dati sono al 31/12) - negli ingressi in carcere di detenuti con problemi di tossicodipendenza. Nel 2020 il 38,6 per cento delle persone che sono entrate negli istituti penitenziari era tossicodipendente. Nel 2005 erano il 28,41 per cento. Il dato sulle presenze di detenuti tossicodipendenti - come si legge nel Libro bianco - restituisce una realtà preoccupante, in quanto al 31 dicembre 2020 i detenuti presenti tossicodipendenti erano il 26,5 per cento ovvero 14.148; molti se si pensa quanto i detenuti tossicodipendenti siano maggiormente soggetti a contrarre malattie infettive”.

In carcere ci sono meno detenuti stranieri: 17.019, il 32,4 per cento, in flessione cosante dal 2018, quando erano quasi il 34 per cento. “Ben 19.271 detenuti, cioè il 36 per cento del totale, dece scontare meno di 3 anni. Se si puntasse alle misure alternative si ridurrebbero significativamente i numeri dell’affollamento”, scrive ancora Antigone. “Al 30 giugno 2021 erano 7.147 le persone detenute a cui era stata inflitta una pena inferiore ai 3 anni (per 1.238 era addirittura inferiore all’anno, per 2.180 compresa tra 1 e 2 anni e per 3.729 tra i 2 e i 3 anni). 8.236 detenuti avevano una pena inflitta compresa tra i 3 e i 5 anni, 11.008 tra i 5 e i 10 anni, 6.546 tra i 10 e i 20 anni e a 2.470 era stata inflitta una pena superiore ai 20 anni. Gli ergastolani erano 1.806 (erano 1.784 a fine 2020, 1.224 nel 2005)”. Per quanto riguarda invece il residuo pena, cioè la parte di pena ancora da scontare, “al 30 giugno a 2.238 detenuti (di cui 1.806 ergastolani) restavano da scontare più di 20 anni; a 2.427 tra i 10 e i 20 anni, a 5.986 trai 10 e i 5 anni, a 7.281 tra i 5 e i 3 anni e infine a ben 19.271 detenuti, il 36 per cento del totale, meno di 3 anni (a 5.609 tra i 2 e 3 anni, a 6.705 tra 1 e 2 anni e a 6.957 meno di un anno)”. Questi ultimi, se si eccettuano i condannati per reati ostativi, “avrebbero potenzialmente accesso alle misure alternative. Se solo la metà vi accedesse il problema del sovraffollamento penitenziario sarebbe risolto. Rispetto al periodo precedente alla pandemia vi è una diminuzione del numero di persone detenute con pena inflitta inferiore ai 3 anni. A fine 2019 erano il 23,5 per cento del totale, oggi sono il 19 per cento. Si è dunque fatto un minore ricorso al carcere per reati lievi, per quanto in misura non sufficientemente significativa”.

C’è poi la questione dei detenuti in attesa di primo giudizio (uno su sei) e quelli in custodia cautelare (uno su tre). “Al 30 giugno 2021, il 15,5 per cento dei detenuti era recluso in attesa di primo giudizio, il 14,5 per cento era condannato ma non ancora definitivo e il 69,4 per cento stava scontando invece una condanna definitiva. Gli internati rappresentavano lo 0,6 per cento sul totale. Dei condannati non definitivi il 48,4 per cento sono in attesa della pronuncia della sentenza d’appello, il 39,2 per cento invece della Cassazione. Il 12,4 per cento ricade invece nella categoria dei cosiddetti ‘misti’, ovvero sono detenuti i quali hanno più procedimenti aperti per i quali cioè non vi sono condanne in via definitiva”. Il numero dei detenuti definitivi, negli ultimi 18 mesi è cambiato in maniera considerevole: “Se al 31 dicembre 2019 questi rappresentavano il 68,3 per cento della popolazione reclusa totale, a giugno 2020 erano scesi al 66,9 per cento per poi tornare a salire al 67,8 per cento al 31 dicembre 2020 fino a raggiungere il picco del 69,4 per cento di giugno 2021”.

Le carceri visitate, non senza difficoltà, da Antigone, presentano numerosi problemi. Nel 42 per cento degli istituti sono state trovate celle con schermature alle finestre. Il 36 per cento delle carceri monitorate aveva celle senza doccia e il 31 per cento senza acqua. “Notevole la crescita degli episodi di autolesionismo, indice anche della tensione generata in carcere dalla crisi sanitaria. Considerando gli ultimi 12 mesi prima della visita, il numero medio di tali episodi nelle carceri monitorate è pari a 23 casi ogni 100 persone, un dato notevolmente superiore ai 15 episodi annui ogni 100 persone dell’ultima rilevazione prima della pandemia”. Brutto il primato fiorentino: a Sollicciano si sono verificati 105 episodi di autolesionismo ogni 100 detenuti, a Cassino 60, a Cagliari 50 e a Imperia 49. “Oltre alle difficoltà legate all’emergenza pandemica, il dato si spiega da un lato con l’elevatissima presenza di detenuti in terapia psichiatrica, che sono arrivati a costituire il 39,5 per cento dei presenti (erano il 27,6 per cento nel 2019); e dall’altro con la scarsa disponibilità di interventi terapeutici: in media negli istituti visitati per 100 detenuti erano erogate 8,8 ore settimanali di intervento psichiatrico e 16,7 ore settimanali di sostegno psicologico”.