L’infermiera-senatrice nell’inferno del Covid

Il racconto dell’ex esponente M5s, ora al lavoro in terapia intensiva a Careggi, Alessandra Bencini: "Noi, quasi famigliari dei pazienti"

Alessandra Bencini

Alessandra Bencini

Firenze, 1 maggio 2021 - Alessandra Bencini, ex senatrice del M5s, dal 2018 è tornata a fare il suo lavoro di infermiera di sala a Careggi.

Come le sembra adesso il M5s? "Il M5s di oggi ha compreso che se vuoi fare politica non devi solo urlare stando all’opposizione. Per concretizzare qualcosa devi essere al potere, quindi essere al governo con le persone di fiducia, o comunque con i tuoi eletti, per poter iniziare quello che avevi perorato durante le campagne elettorali. Nel momento in cui il M5s ha avuto l’onere del governo, si è reso conto della grande difficoltà che comporta governare e si è rimangiato tutto quello che aveva detto stando all’opposizione".

Una volta uscita dalle istituzioni, è tornata a Careggi e ora lavora in terapia intensiva Covid-19. Com’è la situazione? "Sono stata in terapia intensiva Covid-19 da marzo a maggio 2020, poi da ottobre a dicembre 2020. Ci sono tornata a marzo 2021 e ancora sono lì. I numeri sono abbastanza alti. Abbiamo 215 ricoveri tra terapia intensiva, sub intensiva e degenza normale. Attualmente siamo pieni al 95 % dei posti letto. La situazione non è bellissima, anche perché i pazienti che arrivano in terapia intensiva hanno ovviamente una compliance abbastanza grave; difficilmente ne riescono fuori dopo 2-3 giorni. Da noi stanno minimo 8-9 giorni. Tanti sono lì da un mese e mezzo, alcuni addirittura da due mesi. Restano fino a quando non si negativizzano. Talvolta hanno ancora bisogno di una terapia intensiva e quindi vengono spostati su un’altra terapia intensiva normale, dove non ci sono pazienti infetti Covid-19. Questo tipo di paziente è guarito dal Covid-19, ma ha avuto un danno tale e importante che non c’è una restitutio ad integrum e quindi ha bisogno di una degenza in terapia intensiva, nella speranza che possa uscirne fuori".

Una malattia che può lasciare delle tracce. "Sì, anche visibili. Non è una bella malattia. Anche chi ne esce è abbastanza provato. Sono rimasta in contatto con alcune persone. Ti affezioni, oltre a essere un sanitario diventi anche un parente, non potendo i parenti andare a far visita. Insomma, si forma una certa famigliarità".

E dei no vax che pensa? Immagino, purtroppo, che ci siano anche fra alcuni suoi colleghi. "Tra i miei colleghi di lavoro qualcuno c’è. C’erano anche nel M5s. L’azienda ha insistito molto chiedendo ai sanitari di vaccinarsi, finché è uscito il decreto di aprile che ci obbliga a farlo. Giusto così. I no vax sono persone che non rinunciano a prendere l’Aulin o gli antibiotici ma se leggi il loro bugiardino vedi che gli effetti collaterali sono non indifferenti, probabilmente tanti quanti quelli di un vaccino. Non comprendo perché prendano una serie di prodotti senza farsi alcun problema, ma non vogliono somministrarsi un vaccino che è utile non solo a loro ma alla società".