I furbetti del turismo. Tassa di soggiorno, mancano 200mila euro all'appello

Il Comune affida le cartelle ad Agenzia dell'Entrate-Riscossione

Tassa di soggiorno (foto di repertorio)

Tassa di soggiorno (foto di repertorio)

Montecatini 22 febbraio 2018 - Oltre 200mila euro relativi alla tassa di soggiorno riscossa da alcuni alberghi di Montecatini nel 2016 mancano all’appello e il Comune affida all’Agenzia delle entrate – Riscossione, il soggetto che ha preso il posto di Equitalia, il compito di recuperarli. La determinazione 112 del 6 febbraio scorso, emessa dal settore tributi dell’area economico-finanziaria dell’ente, parla di 48 casi legati alla morosità di strutture ricettive. Il Comune ha così deciso di passare al recupero delle somme dovute, prevedendo, in via cautelativa, di stanziare 3mila euro nel bilancio 2018 a favore del soggetto scelto per la procedura.

Lo scorso anno, l’amministrazione ha messo a ruolo circa 300mila euro, legati a 90 casi di mancato versamento della tassa di soggiorno avvenuti tra il 2014 e il 2015. Lo scorso anno, a Montecatini, destò forte scalpore la notizia di un’indagine per peculato con il coinvolgimento dei titolari di 15 strutture alberghiere, accusati di aver incassato la somma versata dai clienti senza girarla al Comune. Le irregolarità sono state scoperte dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza che, in Toscana, avviò numerosi accertamenti nei principali centri turistici, tra i quali Montecatini.

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, tra l’altro, ha confermato il reato di peculato per chi non versa la tassa di soggiorno. La pronuncia, forse, ha convinto molti imprenditori a mettersi in regola, visto che la cifra mancante, da un anno a un altro, si è ridotta di un terzo. Gli albergatori fungono da agenti riscossori per conto dell’amministrazione. Non si tratta quindi di pagare una tassa o un’imposta in ritardo: quei soldi non appartengono ai titolari delle strutture ricettive e l’ipotesi di reato può scattare anche per un ritardo.

L’articolo 314 del codice penale prevede una pena da quattro a dieci anni e sei mesi per il «pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio, il possesso o comunque la disponibilità di denaro o altra cosa mobile altrui, se ne appropria». Nel 2017, quando scoppiò il caso dei 15 albergatori indagati, le tre associazioni alle quali fanno riferimento gli esponenti della categoria, intervennero attraverso un comunicato congiunto.

«Teniamo a precisare – dissero Apam, Asshotel e la sezione turismo di Confindustria Pistoia – che gli imprenditori messi sotto accusa avevano a suo tempo dichiarato l’importo dovuto, che è stato, nella maggioranza dei casi, regolarmente versato prima dell’inizio del processo. Si tratta quindi, in prevalenza, di ritardi nei versamenti, fattispecie per la quale il nostro regolamento comunale prevede una sanzione amministrativa».