Massa, 6 maggio 2012 - Gli scheletri possono “parlare”, raccontarci il nostro passato, la vita dei nostri antenati. E’ il senso dell’appassionato intervento di Barbara Lippi, dottore di ricerca in antropologia con master in antropologia biologica del Mediterraneo. Un curriculum ricco: dal 2005 è membro della Missione archeologica italiana a Dra Abu el Naga – Luxor, in Egitto, e dal 2000 si occupa di scavi archeologici e di studio di resti scheletrici e mummificati umani di diversi periodi. E’ stata lei a studiare, tra molto altro, gli scheletri ritrovati nel 1998 in piazza Aranci ma anche i resti presenti nella cappella della Madonna di Loreto nel Duomo. La scorsa estate ha partecipato con l’architetto Nicola Gallo all’indagine in San Giovanni Decollato, in piazza Mercurio, per la ricerca dei resti di Francesco Cybo Malaspina.


Che cosa ci possono dire gli scavi degli scheletri antichi?
«Lo scavo rende possibile capire il tipo di sepoltura: se primaria, cioè se l’individuo è stato deposto e si è decomposto in quel luogo, o secondaria, ossia frutto di successivo ricollocamento delle ossa. A giudicare dalle foto, quelle di piazza Mercurio sono sepolture primarie: le ossa sono nella posizione fisiologica. L’analisi tafonomica della sepoltura può far capire se c’era altro oltre allo scheletro, come un cuscino per sollevare il cranio o una cassa. Sono informazioni che vengono solo dallo scavo sul posto, che per questo è importante».


A quali analisi possono essere sottoposte le ossa?
«Innanzitutto all’indagine macroscopica. Si può ricercare il profilo biologico dell’individuo. Le cose più facili sono indicarne il sesso, l’età approssimativa e la statura massima. In un campione ampio si può stabilire se la popolazione fosse alta o bassa: siccome la buona alimentazione da piccoli incide sulla statura questo può dare indicazioni sullo stile di vita e sullo stato stato sociale. Su campioni numerosi ha senso fare anche una analisi paleodemografica, stabilendo ad esempio la speranza di vita. C’è poi l’ergonomia: si studiano le tracce che l’uso ripetuto dei muscoli lascia sulle ossa, soprattutto gli arti. Dal maggior uso di un certo muscolo possiamo ipotizzare che l’individuo facesse un certo movimento legato, ad esempio, ad una certa attività lavorativa C’è poi l’analisi dei denti, utile anche per stabilire l’età e, in base all’usura, il tipo di alimentazione. Si possono analizzare tracce paleopatologiche per individuare malattie che abbiano inciso sullo scheletro. E’ possibile ipotizzare anche la causa di una morte violenta, se ci sono tracce sulle ossa».


E le analisi di laboratorio?
«L’analisi chimica paleonutrizionale dà informazioni sull’alimentazione: se l’individuo mangiava vegetali ci sarà più stronzio, se carne più zinco, per i cereali c’è il magnesio. Per i campionamenti di dna antico, un laboratorio rinomato, anche per gli studi sui neandertaliani, è quello dell’università di Firenze: si ha la determinazione certa del sesso, l’individuazione di legami di parentela in caso di più individui e eventualmente si può definire la tipologia di provenienza della popolazione. C’è poi il C14 per la datazione».


Che ci dicono gli scheletri di piazza Mercurio?
«Da quel che si vede si tratta di due sepolture particolari: non sembrano essere riferite a un cimitero. Secondo me è importante avere un quadro biologico della popolazione in diverse fasi storiche e a Massa, se sono campioni così antichi, non ci sono altri scheletri dello stesso periodo. Sarebbe interessante esaminare la tipologia degli individui, anche se due scheletri non fanno un campione. Poi una sepoltura è facilmente ricostruibile in un museo».


Nel 2006 lei ha studiato gli scheletri di resti di piazza Aranci: che cosa raccontano?
«La datazione col C14 è risultata poco precisa, il materiale non era ben conservato: risalgono al periodo tra 1500 e 1700. Sono stati ritrovati 63 individui, un campione interessante: lavoravano molto (ce lo ha detto l’ergonomia) specie con gli arti superiori e per questo pensiamo ad artigiani (i contadini usano molto anche gli arti inferiori). Non erano nobili, insomma, anche perché le sepolture erano fuori dalla demolita chiesa di san Pietro. E’ un campione tipico di un cimitero: sono presenti entrambi i sessi e tutte le età, anche bimbi. Ma le sepolture non erano chiare come queste di piazza Mercurio. Io ho indagato in laboratorio lavorando sulle ossa custodite in sacchetti e ho ricostruito un paio di identità scheletriche. Gi studi furono possibili grazie a un finanziamento della Fondazione Crc».


Che fare dei reperti trovati?
«Credo che l’amministrazione stia cercando una soluzione idonea. La città ha mostrato notevole attenzione: molti parlano di cose che prima sembravano interessare poco. Forse perché è un modo di riconoscersi nei propri antenati. E questo mi rende felice, anche perché Massa ha molti studenti e studiosi laureati in archeologia. Sento parlare di un museo archeologico: io collaboro con il museo Blanc di Viareggio e vedo che è utile anche per la didattica. Sono felice che molti si stiano interessando a questi argomenti perché sono quelli che mi permettono di diffondere ciò che ho potuto studiare».

Anna Pucci