Massa Carrara, 26 giugno 2014 - Sullo scottante tema delle cave la commissione regionale territorio e ambiente della Regione Toscana, presideduta da Gianfranco Venturi (Pd), ha provato a metterci una pezza, cercando di accontentare all’ultimo tuffo sia gli industriali del marmo sia gli ambientalisti votando all’unanimità un’integrazione al Piano di indirizzo territoriale (Pit) con valenza di Piano paesaggistico. L’ovvio risultato al momento però sembra quella di essere riusciti a fare un dispetto a tutti.

L’integrazione riguardava diversi aspetti del Piano, ma ad animare il dibattito in commissione, alla presenza dell’assessore regionale all’urbanistica Anna Marson, è stata, in particolare, la disciplina delle attività estrattive nell’area di protezione esterna del Parco delle Alpi Apuane.

Confermato quanto già detto: non sarà ammessa l’apertura di nuove cave. La riattivazione di quelle dismesse da non oltre 20 anni e l’ampliamento di quelle esistenti saranno invece consentite a precise condizioni: non devono determinare un incremento dei piazzali in quota, se non per opere strettamente funzionali all’apertura di nuovi ingressi in galleria, non non devono aver bisogno di opere infrastrutturali, che causino modifiche irreversibili ai luoghi, e non devono interessare fronti di escavazione a quote superiori a quelle autorizzate, salvo specifiche individuazioni nei piani attuativi. Sono comunque fatti salvi gli interventi imposti da provvedimenti delle autorità competenti per ragioni di sicurezza.

Spetta ai Comuni, nell’ambito del procedimento di autorizzazione all’escavazione, accertare che le attività estrattive non interessino aree integre, né rinaturalizzate e non tocchino sentieri, percorsi e punti panoramici individuati nella pianificazione territoriale. Insomma non deve essere “toccato” nulla di ciò che sta intorno alla cava, neppure per fare una strada di accesso. Le varianti di carattere sostanziale a fini paesaggistici sono quelle inerenti l’apertura di nuovi distinti fronti di cava o nuovi ingressi per l’escavazione in sotterraneo, esterni al perimetro di cava autorizzato.

L’attività estrattiva dovrà poi essere finalizzata all’estrazione di materiali lapidei ornamentali e potrà riguardare materiali per uso industriale solo se derivanti dalla produzione di materiali ornamentali. Sono questi insomma gli aspetti principali sulle attività estrattive inserite nell’integrazione al Piano la cui approvazione passa ora all’esame dell’aula per l’adozione nella prossima seduta del Consiglio regionale.

Nel complesso l’intenzione del Piano resta quella di disegnare una cornice di regole certe per mantenere il valore del paesaggio. Non interessa, quindi, i soli beni paesaggistici, sui quali già ci sono i vincoli dello Stato, ma l’intero territorio regionale, secondo quanto previsto sia dalla Convenzione europea sul paesaggio che dal Codice nazionale dei beni culturali e del paesaggio. Il piano non tratta dunque i soli paesaggi eccellenti e la loro conservazione, ma anche i paesaggi delle periferie, delle lottizzazioni, delle zone industriali anche degradate, dei bacini fluviali, delle aree interne in abbandono, delle colline coltivate e delle piane urbanizzate, con la finalità di definire le regole utili alla loro riqualificazione e a migliorarne la qualità anche paesaggistica.

Il Piano è stato portato a termine con la collaborazione sia degli enti locali che del sistema delle università toscane (rappresentate dal Centro interuniversitario di scienze del territorio), e ha ricevuto a fine dicembre l’attestazione di conformità da parte del Ministero competente (MiBACT).