di ANGELA MARIA FRUZZETTI

Massa, 17 luglio 2013 - Successe esattamente 25 anni fa. La mattina del 17 luglio 1988 i massesi si svegliarono con una densa nube nera che ricopriva la città e le zone circostanti. Dalla Farmoplant Montedison si scatenò un pericolosissimo incendio a causa dell’esplosione di una cisterna di 40 metri cubi contenente Rogor e Cicloesanone, sostanze chimiche altamente tossiche. Ci fu un fuggi fuggi generale e in molti cercarono rifugio sulle Apuane. Tante famiglie con bambini lasciarono Massa.

Le spiagge rimasero deserte e numerose furono le disdette con perdite gravissime: almeno un milione e mezzo di presenze in meno. L’esplosione della Farmoplant fu definita la “Caporetto del turismo”. Il Rogor attraverso il Lavello inquinò il mare e il divieto di balneazione fu esteso a parecchi chilometri di costa. Si calcolarono circa 150 intossicati, solo il primo giorno.

La nube tossica seminò terrore. Il ricordo dell’incubo del disastro di Seveso (1976) e di Bophal (1984) non era così lontano. Esplose la rabbia della città e tante furono le manifestazioni spontanee. In piazza Aranci si radunò una folla esasperata. Nel mirino la "fabbrica dei veleni". Ci furono cariche della polizia e feriti. L’allora sindaco, Mauro Pennacchiotti, annunciò la chiusura della fabbrica, forte del risultato del primo referendum consultivo d’Europa dell’anno precedente, che portò i cittadini dei comuni di Massa, Carrara e Montignoso a decidere: chiudere la Montedison e salvaguardare l’ambiente o mantenere la fabbrica e salvaguardare il lavoro?

Il 72% circa si espresse per la chiusura. Il polo chimico apuano cominciò a indebolirsi, originando una grave crisi occupazionale che tutt’oggi investe il territorio. L’ex sindaco Pucci accettò nel 2010 la proposta di transazione di Edison spa, ovvero il risarcimento di 750mila euro, evitando di portare la discussione in consiglio comunale. Cosa rimane nella memoria collettiva del caso Farmoplant? Tanti interrogativi, sicuramente: perché la politica non ha fatto scelte capaci di rilanciare l’economia locale?

Che ne è del turismo, per gli addetti ai lavori unica vera fonte dopo il crollo della Zia? Un’ampia porzione di territorio è ancora ingessata nel perimetro dei veleni, il cosiddetto Sin (Sito di interesse nazionale) destinato a diventare Sir (Sito di interesse regionale) e quindi gestito direttamente dalla Regione. Un obiettivo — su cui si è recentemente impegnato in prima persona l’attuale ministro dell’Ambiente Andrea Orlando — che permetterà di sbloccare finalmente la situazione con opportunità di lavoro e risanamento ambientale. Sono passati 25 anni e ancora la zona aspetta la bonifica della falda e del suolo. Ma la fabbrica dei veleni ha lasciato altro: da una ricerca del Cnr la mortalità per tumore nella provincia di Massa e Carrara è superiore del 12% rispetto alla media toscana.