E’ arrivato a gennaio in una situazione dove forse aveva più da perdere che da guadagnare e in pochi mesi si è preso la Carrarese a suon di risultati diventando il beniamino della tifoseria. Antonio Calabro è il tecnico che ha saputo mettere il turbo a una squadra che aveva potenzialità inespresse, intraviste forse solo da una lungimirante proprietà.
Com’era il Calabro giocatore?
"Dovessi paragonarmi a uno della Carrarese direi Imperiale. Ero un difensore grintoso, attento, concentrato. Giocando a uomo sono arrivato sino alla Serie B. Per la zona ero meno adatto: troppo basso per fare il centrale e non avevo la corsa di un terzino. Sarei stato un ideale braccetto di destra nella difesa a tre. I miei pregi? Forte nei contrasti, esplosivo nello stacco. Non ero eccelso tecnicamente ma bravo tatticamente grazie agli insegnamenti di mister come Cadregari, Viscidi e D’Arrigo".
Quando e com’è nata la scelta di allenare?
"L’ultimo anno in Serie D a Casarano feci l’allenatore-giocatore ma mi ero già appassionato da tempo ad alcuni temi, tattici e fisici, e nel post calcio mi vedevo solo in quel ruolo. Ho iniziato, poi, a soffermarmi anche sull’aspetto mentale studiando e seguendo corsi, soprattutto di comunicazione. La leadership me la sentivo innata. Come educazione calcistica ho avuto la fortuna di crescere in un settore giovanile diretto da Pantaleo Corvino con tutti i pro e i contro: cura maniacale dei dettagli ma rischio di cercare sempre il pelo nell’uovo senza godersi i successi".
Carriera folgorante in panchina: dai dilettanti alla Serie B in 6 anni. Cos’è mancato per restarci?
"Non lo so. A Carpi sono arrivato 11° con una squadra che nella griglia di partenza la mettevano 21ª tra 22 non andando mai nella parte destra della classifica. Avevo solo un anno di contratto. Ho aspettato ma non c’è stato modo di restare in B. A gennaio ho scelto la Viterbese. Era terzultima e l’ho risollevata. Poi abbiamo puntato tutto sulla Coppa Italia e l’abbiamo vinta. Nel mio palmares non risulta perché a 3 giorni dalla finale di ritorno ebbi un “contrattempo“ col presidente Cammilli, persona splendida ma focosa, e mi esonerò. A Viterbo tornai mesi dopo ma mio padre stava male. Io sono figlio unico e la famiglia è la priorità. Mi dimisi per tornare a casa e stargli vicino".
Altre tappe: Catanzaro e Villafranca. Che ricordi ha?
"Bella l’esperienza a Catanzaro. In quel periodo la famiglia Noto era un po’ demotivata ma finì alla grande con il secondo posto alle spalle di una Ternana che batté tutti i record. La proprietà ancor oggi mi riconosce di aver messo le basi per la risalita in B. Quando sono tornato da avversario tutto lo stadio mi ha applaudito e per me la riconoscenza non ha prezzo. Il ritorno a Villafranca è stata una scelta di cuore ma sbagliata. Quando torni in un posto dove sei stato bene pretendi di ritrovare le stesse cose e se non le trovi ti arrabbi ma nel frattempo è cambiato l’ambiente e sei cambiato tu. E’ stato un anno che mi aveva fatto perdere un po’ di voglia...".
E così arriviamo alla Carrarese. Non ha pensato fosse una scelta rischiosa?
"No, è sempre meglio andare dove c’è una squadra forte e una società sana. La mia bravura è stata di saper aspettare. Ho rinunciato a tante offerte dove c’era sempre qualcosa che non mi piaceva. Ho ponderato bene tutto fino alla proposta della Carrarese. Qui ho trovato tutti i presupposti giusti e un ambiente che ha margini di crescita altissimi. La cosa fondamentale è stata farmi seguire dalla squadra. Non sono arrivato con presunzione. Al primo approccio mi sono complimentato coi ragazzi pur facendo presente che se ero qui voleva dire che si poteva esprimere qualcosa di diverso. Per fare il mio 3-5-2 ci ho messo una piccola modifica tattica e una importante a livello mentale. Nel secondo approccio ho preso di petto la situazione Simeri, ragazzo eccezionale e giocatore forte, che non poteva essere rimandata e sono entrato a gamba tesa ma solo per il bene di tutti. Ho la fortuna di avere dei bravi ragazzi. Mai come quest’anno ho trovato un gruppo sano. La società, poi, mi dà completa disponibilità. Avere un ufficio e sala video può apparire scontato ma non lo è come la possibilità di entrare a ogni ora e organizzare allenamenti come più mi piace".