"Riaprite gli ospedali ai parenti. Non si deve più morire in solitudine"

L’appello a Regione e Asl lanciato dai medici Leorin e Rutili: "Regole eccessive. Danneggiati i ricoverati"

Il medico del pronto soccorso Marco Leorin e l’anestesista in pensione Alberto Rutili

Il medico del pronto soccorso Marco Leorin e l’anestesista in pensione Alberto Rutili

Massa, 28 gennaio 2022 - Non c’è spazio nella burocrazia pandemica per un ultimo saluto, uno sguardo o una carezza alla persona cara che da lì a poco ci lascerà per sempre. Si continua a morire così, soli, dopo giorni e giorni di ricovero perché i visitatori non possono entrare in ospedale, salvo rare eccezioni. La variante Omicron corre ma la situazione sembra abbastanza sotto controllo: oggi ci sono vaccini, terze dosi, green pass e i tamponi rapidi, mascherine, guanti e camici. A bloccare le visite ai ricoverati in ospedale è la delibera della Regione Toscana, sottoscritta il 27 dicembre dal direttore della sanità Federico Gelli, che pone regole ferree nella gestione degli accessi ed è stata ripresa pari pari dalla direzione del Noa e degli ospedali della Lunigiana. 

In pratica è vietato l’accesso di visitatori e parenti "salvo situazioni di particolare fragilità e vulnerabilità", che devono essere indicate dal direttore di reparto, segnalate e autorizzate dalla direzione sanitaria. Una babele burocratica che di fatto rende difficile, se non impossibile, ottenere il via libera e comunque è demandata alla sensibilità del medico. Servono inoltre green pass rinforzato o green pass base e tampone negativo. E al pronto soccorso sale d’attesa rigorosamente vietate agli accompagnatori. 

Regole ferree che i medici contestano. Troppo severe nella situazione attuale: fanno del male al paziente e ai visitatori quando il rischio di contagio può essere ridotto con giuste precauzioni. Regole che dimenticano l’importanza del contatto umano, gli effetti positivi sulla salute del paziente. A rilanciare l’appello all’azienda sanitaria e al presidente della Regione Toscana sono il medico del pronto soccorso di Massa, Marco Leorin, e l’anestesista in pensione Alberto Rutili. "Parliamo soprattutto di anziani. Sappiamo tutti che l’isolamento in ambiente ospedaliero crea disorientamento, insorgono problemi come mancanza di collaborazione, tecnicamente una sorta di ‘delirium’. La presenza dei parenti non è solo un supporto psicologico ma una vera forma di terapia complementare indispensabile. Vale per gli anziani ma per ogni età: essere ricoverati in ospedale non è facile per nessuno". 

Secondo Leorin e Rutili è possibile garantire accessi molto sicuri in ospedale: "Basta usare i presidi anti contagio, mascherina, camice, guanti e green pass rinforzato. Se con queste misure, o addirittura meno, si può andare a prendere un caffè al bar, in palestra o al ristorante perché non in ospedale? Capiamo che la volontà è di tutelare la salute delle persone ma i benefici per i pazienti sono molto maggiori rispetto a un rischio limitato". 

I due medici riportano numerose testimonianze di persone entrate in ospedale e uscite in una bara senza rivedere i familiari. Solo qualche telefonata, nel migliore dei casi, per giorni e giorni di isolamento affettivo che hanno sommato dolore a dolore. "Servono scelte coraggiose e umane – concludono i due medici – che guardino al benessere delle persone, per permettere il conforto familiare. Scelte che si possono fare. Il nostro appello è già stato sottoscritto da Bruno Ciuffi della Misericordia, Roberta Crudeli del Volto della Speranza, Elio Bernabò dell’Anvcg, Antonella Cappè di Accademia Apuana della Pace, la psicologa Rebecca Munda. Speriamo che altri aderiscano per cambiare le regole".