Sparatorie ai Poggi: "Io aggredita perché ho testimoniato; vi prego, fermate la violenza"

Parla Anna Rosa Sparavelli, madre di due giovani coinvolti, a vario titolo, nella faida che dilaga nel quartiere

Anna Rosa Sparavelli

Anna Rosa Sparavelli

Massa, 3 agosto 2015 - «Fermate la violenza ai Poggi» dice Alba Rosa Sparavelli, madre di due dei giovani coinvolti, a vario titolo, nelle violenze che da troppo tempo dilagano nel quartiere. E che ora è anche una donna che è stata picchiata, aggredita e rapinata e che ha deciso di dire basta e di rivolgersi alla Procura di Genova per trovare pace e giustizia. Ma andiamo con ordine. Colpi di fucile contro le finestre delle abitazioni, colpi di pistola contro auto in sosta e incendi appiccati a numerose autovetture, risse, liti e accoltellamenti.

E’ una spirale di violenza senza fine quella che sta travolgendo i Poggi e se è vero, come alcuni hanno tenuto a sottolineare, quasi a minimizzare, che è una ‘guerra’ circoscritta a poche persone, forse una decina, è anche vero che la gente del quartiere è esasperata: il timore è che quella violenza ‘circoscritta a poche persone’ possa, alla fine, fare del male a incolpevoli residenti.

Il rischio è stato corso, ad esempio, la settimana scorsa quando è partito una sorta di ‘raid punitivo’ che ha scatenato una rissa terminata con una coltellata ad una coscia ad uno dei ragazzi coinvolti e alla rottura della clavicola per un altro. Alba Rosa, poi, ha tentato di parlare con quei giovani che ben conosce, ma avrebbe ricevuto in risposta «offese, sputi e violenza».

Ha il braccio immobilizzato da una fasciatura e un referto medico di dieci giorni. Se l’appello a fermare il susseguirsi di vendette, sgarri, ‘delimitazioni del territorio’, minacce e ritorsioni, arriva da una donna coinvolta in questa ‘vicenda circoscritta’ – che stando a quanto ricostruito dagli investigatori avrebbe la sua causa in una contesa per il mercato della droga –, allora significa che la misura è davvero colma. Alba Rosa Sparavelli vive ai Poggi. Alcuni dei colpi di pistola sono stati sparati contro le finestre della sua abitazione e contro la sua auto. E’ una mamma e lancia una richiesta di aiuto: «Questa non è la mia vita – racconta –. Io ho lavorato per quarant’ anni ed ho sempre pagato le tasse. Mi ritrovo in una situazione che voglio combattere. Non voglio che i miei figli diventino assassini e non voglio nemmeno che me li ammazzino».

Dopo un periodo in cui spari e incendi si sono succeduti con rapidità sembrava che i due gruppi contrapposti avessero, complice l’intervento dei due capifamiglia, trovato una tregua. «A far scoppiare nuovamente la violenza – racconta Alba Rosa – è stato il fatto che sono ‘uscite’ informazioni sulle dichiarazioni che ho reso, in qualità di persona informata sui fatti, in merito agli spari contro la mia abitazione e contro la mia auto. Al pubblico ministero ho raccontato cosa e chi ho visto, ma si è saputo e sono stata aggredita. Io non sono un’infame: io sono una cittadina che ha fatto il suo dovere. Non capisco perché, dopo gli ultimi gravi episodi, non siano stati presi provvedimenti. Quando è scoppiato il caos la settimana scorsa, in strada c’erano tanti bambini a giocare. Ci sono altre denunce da fare, ma le presento al Procuratore di Genova».

Ed ecco, allora, che interviene il marito Cesare Ricci. Poche parole, che dicono tutto: «Infame è chi picchia una donna. Io sono stato tanti anni in carcere proprio perché non ho parlato. Condivido la scelta di mia moglie che è motivata dal voler evitare che i miei figli sbaglino e ci finiscano anche loro».