«Una legge capestro, altro che salvacave» Escavazione, i sindacati contro la Regione

La proposta della giunta Rossi prevede «la paralisi del lavoro»

Marmo (foto di repertorio)

Marmo (foto di repertorio)

Carrara, 25 settembre 2018 - Cavatori, di nuovo a rischio 200 posti di lavoro. La giunta toscana, dopo aver rigettato le contro proposte del Comune sugli sforamenti nei piani di coltivazione, ha inviato al consiglio regionale un documento che, secondo i sindacati, potrebbe paralizzare il lavoro al monte. Terrorizzati i rappresentati dei lavoratori che nel decreto salvacave di Enrico Rossi non vedono certo quello sbocco per il futuro cui la Regione punterebbe. Di fatto la proposta di legge, nata per salvare i titoli autorizzativi e le concessioni messe a repentaglio dopo il parere dell’avvocatura regionale, altro non fa che imporre una serie di disposizioni che allungano i tempi per la riapertura della cava che intende escavare in modo difforme dal piano di coltivazione iniziale. Di fatto la Regione prevede che «il Comune non possa ritirare l’autorizzazione a fronte di una serie di prescrizioni che prevedono la presentazione «di un progetto di messa in sicurezza e di risistemazione ambientale dell’area che tenga conto degli impatti complessivi derivanti dalle lavorazioni difformi». «Se passerà questo provvedimento – sostiene Roberto Venturini segretario Fillea Cgil – significa che entro pochi mesi tutte le cave chiuderanno. Il Comune non sarà pronto con i piani attuativi nemmeno per il prossimo giugno, per cui presto quel 30 per cento di materiale difforme al piano, tollerato, sarà terminato. La Regione ha respinto le osservazioni del Comune. Ci siamo incontrati a Firenze e abbiamo dato suggerimenti, ma nessuno ci ha ascoltato. Invece è uscita una proposta di legge che nel giro di pochi mesi seminerà il caos alle cave e ne comporterà la chiusura. Una cava che vorrà spostare la coltivazione dovrà affrontare una procedura lunga almeno 4 o 5 mesi. Significa il collasso. Della stessa idea Francesco Fulignani, Feneal Uil: «Credo che la legge avrebbe dovuto tenere conto delle esigenze del territorio. Sono gli addetti ai lavori locali che conoscono il problema, non i fiorentini che hanno fatto una proposta contraria a ogni logica». Giacomo Bondielli, Filca Cisl, sostiene che «la Regione debba fare un passo indietro. Se le regole finora adottate non sono più valide, si riparta da zero consentendo alle aziende di seguire la normativa nuova senza chiudere. Noi siamo per salvare le cave e i posti di lavoro, non per chiuderle, ma bisogna capire come superare questo problema dello sforamento. Serve un tavolo per un accordo condiviso».