Uccise l’amico a coltellate: sviene al processo

La corte d’assise per l’omicidio di Paolo Fiorentino, l’uomo di 46 anni colpito dal compagno di casa con una decina di fendenti

La scena del delitto

La scena del delitto

Carrara, 8 dicembre 2022 -  Un malore durante l’udienza, retroscena inediti, ma soprattutto un ricordo che non è riuscito a sostenere. Così ieri mattina, in tribunale a Massa, di fronte alla corte d’assise, Francesco Di Blasi, 57 anni di Palermo, imputato per l’uccisione di Paolo Fiorentino, l’uomo di 46 anni accoltellato lo scorso gennaio in un tugurio della ex Colonna Vercelli, non ha retto all’emozione e alla tensione e dopo essere svenuto, è stato riportato in cella dalle guardie carcerarie.

Il presidente della corte d’assise, il giudice Ermanno Di Mattia, ha voluto ascoltare tutta la terribile vicenda di sangue, un delitto del degrado che sconcertò l’intera comunità, dalla parole del maggiore dei carabinieri di Carrara Cristiano Marella che ha svolto le indagini.

Una lunga deposizione in cui il maggiore ha illustrato lo stato dell’intera indagine, dalla scoperta del cadavere all’alba dopo la confessione in caserma di Di Blasi ai primi soccorsi portati da un’amica, (che poi nel corso delle indagini è risultata essere l’amante) alle analisi dei ris, alle verità dell’anatomo patologo. In sostanza il maggiore Marella ha recuperato ogni dettaglio della lunga indagine che ha fatto emergere come Fiorentino, nativo di Casola in Abruzzo, sia morto sotto una decina di coltellate inferte dal compagno con cui condivideva, seppure fra mille litigi, l’alloggio di fortuna ricavato nella stamberga abbandonata del l’ex campo profughi.

Una storia di liti e prevaricazioni culminata in un raptus di coltellate a cui non fa riscontro alcuna colluttazione, seguito dalla confessione e dalla costituzione in caserma di Di Blasi. Così dalle prime tracce di sangue trovate nel tugurio alle coltellate sul corpo di Fiorentino i dettagli di quella terribile mattinata dello scorso gennaio sono stati passati tutti in rassegna.

Dalle indagini è poi emerso ed è stato riferito in aula che la prima soccorritrice che trovò all’alba il corpo di Fiorentino ormai senza vita non fosse certo un’amica alla lontana che accudiva la cagnetta Sheila, ma un’amante sposata e clandestina la cui identità è rimasta finora nascosta per ovvi motivi. Dopo il militare è stato ascoltato il responsabile della San Vincenzo, Fernando Mazzoni, il quale ha riferito di come la vittima fosse stata in passato seguito dall’associazione di volontariato e vivesse appunto in una delle roulotte della San Vincenzo. Poi si allontanò e andò a vivere nell’ex Colonia Vercelli.

Ieri si è aperto il processo che sarà aggiornato il prossimo 14 dicembre con una nuova udienza e altri testimoni. Ieri nell’aula della corte d’assise, oltre all’avvocato della difesa di Di Blasi, Francesco Vetere, i legali di parte civile della famiglia della vittima giunti appositamente da Casola in provincia di Chieti. Di Blasi dopo il raptus si costituì in caserma confessando l’intero accaduto, seppure in stato di choc. Adesso è in attesa di processo in carcere accusato di omicidio.

Il delitto, lo ricordiamo, suscitò grande impressione, sia per i futili motivi legati al movente (pare che fossero soliti litigare per gli spazi che avevano occupato, sia per l’ambiente di degrado e povertà in cui si svolse. Lo stesso don Cesare Benedetti, della Caritas, parlò di ’Guerra della povertà’. Un delitto che portò allo scoperto le ferite più profonde di un territorio dove gli ultimi rimangono invisibili fino a che non muoiono colpiti da una lunga serie di fendenti.

 

Cristina Lorenzi