"Trentini? Come il caso del dj Fabo"

Il consulente della difesa Riccio: "Dipendeva dai farmaci come l’altro dalle macchine". Il 27 la sentenza.

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di Maria Nudi

Massa

Se a Davide Trentini, massese, 53 anni, quando nell’aprile del 2017 ha deciso di mettere fine alle sue sofferenze scegliendo il suicidio assistito in Svizzera, malato di sclerosi multipla dal 1993, malattia la cui forza e la cui sofferenza si erano particolarmente acuite negli ultimi anni, dal 2014, fossero state sospese le cure farmacologiche e le cure meccaniche (in termini di rispetto nei confronti di Davide Trentini i trattamenti di svuotamento dell’intestino ndr) l’ex barista sarebbe morto. In pratica sarebbe successo quello che accade ad un malato attaccato ad un macchinario, senza il cui sostegno non è possibile vivere. E’ la conclusione alla quale è giunto Mario Riccio, medico di grande esperienza professionale, il consulente della difesa di Marco Cappato e Mina Welbi a processo per il suicidio assistito di Davide Trentini in una clinica svizzera. Ed è la tesi che il professionista ha sostenuto ieri nell’ aula di tribunale davanti al collegio e al pubblico ministero. Per Davide Trentini non sussistivano alternative terapeutiche perché guarisse dalla sclerosi che lo aveva colpito e che, ha riferito Mario Riccio, lo rendeva prigioniero di terapie del dolore con utilizzo di cannabinoidi e oppiacei per contenere il doloro, e altri medicinali, utilizzati in dosi massicce negli ultimi anni, in particolare dal 2016. In sostanza Davide Trentini non era collegato ad una macchina come il Dj Fabo, ma era suddito di un cocktail di farmaci che aveva lo stesso effetto di un supporto meccanico. A supporto di questa tesi Mario Riccio ha avuto documentazione e ha parlato - tre dialoghi telefonici - con la mamma di Davide Trentini, che con il personale delle cure domiciliari si prendeva cura del figlio: una soluzione di non ritorno che "legalizza" la decisione di Davide Trentini di optare per il suicidio assistito e quindi eliminerebbe

- la decisione spetta ai giudici - ogni responsabilità penale di Mina Welby e Marco Cappato. I due imputati seduti in prima fila, hanno assistito all’ udienza.

"Questo processo - ha dichiarato Marco Cappato, tesoriere dell’ Associazione Luca Coscioni- non si sarebbe celebrato se il Parlamento avesse legiferato in tal senso. Sono sette anni che il Parlamento e quindi la politica non si pronuncia sul fine vita. Ho il massimo rispetto per questi giudici chiamati ad una decisione che non spetta a loro, ma alla politica. La nostra disubbidienza civile, mia e di Mina Welby non è nei confronti dei giudici, ma della politica". Mina Welby, co-presidente della Associazione Luca Coscioni, ha aggiunto: "La legge sul fine vita è la ragione della mia esistenza. Essere qui per me significa essere testimone per quei cittadini che hanno diritto ad essere liberi di scegliere quando mettere fine ad una vita che non è più tale. Speriamo che il Parlamento si muova e decida presto, magari prima della prossima udienza di questo processo". A fine udienza l’avvocato Filomena Gallo ai giornalisti che le hanno chiesto se le dichiarazioni del consulente Mario Riccio fossero soddisfacenti per una assoluzione dei suoi assistiti ha risposto: "Aspettiamo le decisioni dei giudici". Il pubblico ministero Marco Mansi ha posto alcune domande a Mario Riccio per compredere quali fonti fossero quelle della sua relazione e per capire come avesse ricostruito il quadro clinico di Davide Trentini. Il processo è stato aggiornato al 27 luglio, data nella quale potrebbe esserci anche la discussione e la sentenza.