"Terremoto dell’Irpinia: io c’ero"

Una lettera di quarant’anni fa riporta alla mente di don Antonio Vigo molti ricordi commoventi

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"Carissimo don Antonio, come va la vita? Qui, a parte le scosse di terremoto che si susseguono incessantemente si tira avanti mediocremente. Serbiamo sempre il ricordo di voi; in quei giorni che siete stato qui con noi avete rivoluzionato tante cose: la gente tutta del paese non riesce a dimenticare il vostro sorriso sempre disponibile ed il vostro modo di fare deciso e svelto. Avete lasciato davvero un ricordo indelebile qui, tra noi". Legge il passo di una lettera ricevuta 40 anni fa con un malcelato velo di nostalgia monsignor Antonio Vigo, parroco di Bigliolo di Aulla; una lettera ormai ingiallita dal tempo e spedita nell’inverno 1981 al prelato come ringraziamento dai ragazzi di Salza Irpina, piccolo Comune montano in provincia di Avellino, distrutto dalla scossa tellurica del 23 novembre 1980 nel contesto di quell’immane cataclisma ricordato come il “terremoto dell’Irpinia”.

"Si, io c’ero - racconta don Antonio, cappellano -ammiraglio, militare in congedo - e ricordo bene quando sono partito assieme ad un gruppetto di ’pazzi’ di tutte le forze armate da Chiavari visto che il mio primo amore militare è stata infatti la scuola Telecomunicazioni Interforze di quella città e c’erano insieme soldati di tutti i corpi. Avevo 26 anni, ero il più giovane cappellano militare d’Italia e durante la mia permanenza lì ho frequentato l’“università della Strada” del Gruppo Abele di don Ciotti a Murisengo nelle Langhe, divenendo amico con il procuratore Giancarlo Caselli".

"Cosa ricordo del terremoto dell’Irpinia? Una cosa terribile – prosegue nel suo racconto – noi siamo andati soprattutto per solidarietà, merce sempre più rara purtroppo ai giorni nostri, per sostenere almeno durante le feste di Natale chi non aveva più nulla, neppure la Chiesa della quale erano rimaste solo le mura perimetrali ed era crollato anche il campanile. Ho il ricordo indelebile di un freddo terribile, della neve e del ghiaccio che sono stati i compagni della notte di Capodanno con la festa trascorsa nella tenda da campo, fra una scossa e l’altra. Sì c’ero anch’io a portare il mio modesto sostegno umano a quella sventurata gente in Irpinia; una piccolissima cosa, ma mi commuove ancora dopo 40 anni".

Roberto Oligeri