Non ha le gambe, ma scalerà l’Everest

Lo straordinario coraggio dell’atleta lucchese Lanfri. Così si prepara all’impresa

Andrea Lanfri (dalla sua pagina Facebook)

Andrea Lanfri (dalla sua pagina Facebook)

Carrara, 23 gennaio 2019 - Più forte della malattia, più tenace del batterio. Andrea Lanfri è pronto alla scalata dell’Everest, primo al mondo, senza gambe e con sole tre dita delle mani. Il lucchese di 32 anni è stato aggredito 4 anni fa da una meningite fulminante che gli ha portato via le gambe e sette dita, ma non la voglia di farcela e la sicurezza che «se vuoi puoi».

Così, dopo aver conquistato la vetta del vulcano Chimborazo (6.300 metri) in Ecuador, dove è rimasto una settimana a quota 4mila per acclimatarsi in vista del nuovo traguardo, e forte di medaglie europee e un argento mondiale a Londra quale componente della nazionale italiana di atletica paralimpica, ora Andrea è pronto per la sfida estiva sul tetto del mondo e per i prossimi Giochi di Tokio.

La meningite non è riuscita a sconfiggerlo, ma a malapena a fargli sostituire le scarpette di gomma con protesi al carbonio. «Il resto è come prima», racconta lui, emozionato per una raccolta di fondi che in soli tre giorni gli ha consentito di arrivare ai 6500 euro necessari per la missione. Racconterà i dettagli della sua attività a Carrara alla fiera Marmi macchine il primo febbraio, ospite del salone Tour.it che si terrà fino al 3 febbraio. Intervistato dall’altro atleta disabile Nicola Codega al convegno sul ‘Turismo accessibile’, Lanfri racconterà a Carrarafiere come è stata possibile la sua prossima sfida e come la mente possa essere più forte di qualsiasi malattia. «E’ un’impresa difficile ma non impossibile – dichiara –: in Ecuador siamo partiti in 18 e arrivati in 7, un percorso molto faticoso ma sono riuscito nel mio intento. Era un obiettivo importante in vista della preparazione all’Everest. I dettagli della permanenza sul tetto del mondo, fra maggio e agosto, dipenderanno anche dai risultati clinici degli esami fatti in Ecuador per capire come ha reagito il mio corpo all’alta quota. Confido che, se sono riuscito a stare quasi “comodamente” a 6.300 metri, potrò farcela anche sopra gli 8mila».

Cosa scatta, come si trova la forza per una reazione tanto importante?

«La forza la trovo continuando a fare quello che mi piace. La montagna, scalare, correre. Certo, lo sport aiuta moltissimo come impostazione mentale. Non mi sento diverso da prima, per cui non mi pongo il problema. Incidenti di percorso possono capitare a tutti, la cosa importante è la convinzione di poterli superare, se si vuole, facendo leva sulla forza di volontà. Personalmente mi piacciono tutti gli sport, sto sperimentando e cercando ogni volta nuovi traguardi da superare, in una costante sfida con me stesso verso il raggiungimento di nuovi obiettivi, che una volta raggiunti diventano il punto di partenza per quelli successivi: quello che penso è semplicemente che se vuoi, puoi».