Scala il Monte Marmagna sulle orme di suo padre

Giovanni Dosi è salito fino alla croce come fece Giuseppe cento anni fa esatti

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Sotto la croce sul Monte Marmagna si è aperto uno spazio temporale nel quale si sono ricongiunti padre e figlio a 100 anni di distanza. A favorire questo speciale incontro non è stata la macchina del tempo, ma una fotografia in bianco e nero datata 10 agosto 1922, che ha fatto da tramite per favorire emozioni e suggestioni dentro le quali è scritta la nostra storia. Protagonista della vicenda il pontremolese Giovanni Dosi, incuriosito dalla foto del padre Giuseppe sul Monte Marmagna (scattata il 10 agosto 1922) in compagnia del cane e di due altre persone, spuntata da un vecchio album. Così ha deciso nei giorni scorsi di ripercorrere, esattamente 100 anni dopo, lo stesso itinerario con due amici, Liano Gia e Roberto Benelli, per un clic simile a quello che ha immortalato il padre. La croce era stata collocata sulla cima il 17 settembre 1901 per iniziativa di un gruppo di appassionati che si ritrovavano attorno al periodico “La giovane montagna” di Giuseppe Micheli. Poi il manufatto di ferro era stato abbattuto dalle intemperie e ricollocato sul suo basamento nel 1967 dal Cai di Pontremoli che commissionò il restauro della croce.

"Ho trovato quella vecchia fotografia che aveva la data centenaria – spiega Dosi –, così ho pensato di salire sul Marmagna sulle tracce dei mio padre un secolo dopo. Spero anche che ogni 100 anni un Dosi prosegua questa tradizione". La cultura della montagna è un cordone ombelicale che lega le persone a un passato ancora vivo, vincendo i pericoli dell’oblio e alimentando il rispetto per le priorità. Gli appassionati delle vette lo sanno. La bellezza dai 1.850 metri del Marmagna incornicia Apuane e golfo della Spezia e Lunigiana. Ma l’ora del tramonto è un evento simbolico che lascia un segno indelebile nel “quaderno della vetta” di ognuno. Come per Giovanni Dosi che per un momento ha potuto riunirsi al padre in un volo della memoria che solo la montagna può consentire.

Natalino Benacci