Rifiuti lapidei, migliaia di tonnellate Obiettivo: l’economia circolare

I numeri degli “scarti” dichiarati dalle imprese del distretto apuoversiliese nel report della Regione Toscana

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Quanti rifiuti producono, o meglio gestiscono e dichiarano, le imprese del lapideo nel distretto apuoversiliese parlando solo di marmo e derivati? I numeri ‘ufficiali’, di quanto dichiarato e che non finisce in ravaneti, fiumi, anfratti carsici o altrove, emerge dal documento di monitoraggio del piano regionale di gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati approvato il 4 ottobre a Firenze. Si tratta di 225mila tonnellate con i dati ultimi certificati del 2018 che per il 90% proverrebbero solo dalla segagione al piano. Questo quanto dichiarato dalle imprese alla Regione.

"Le aziende del distretto hanno dichiarato una produzione totale di rifiuti di quasi 225.000 tonnellate nel 2018, di cui meno di 300 tonnellate classificati pericolosi. Il 95% della produzione totale dichiarata è costituita da rifiuti prodotti dal taglio e dalla segagione della pietra. Le attività di cava dichiarano poco più del 10% della produzione totale, il restante 90% origina dalle imprese di lavorazione dei blocchi. Quasi un terzo della produzione totale è costituita da scaglie, sfridi e cocciame, la quota ulteriore da marmettola, ossia polvere di marmo in fase acquosa dalle operazioni di taglio dei blocchi".

Tradotto: due terzi dei rifiuti prodotti sono polvere di marmo in soluzione acquosa, che equivale a circa 150mila tonnellate, ricordando sempre che stiamo parlando del ‘dichiarato’. E dove finiscono questi scarti? "Le destinazioni principali degli stessi sono alcuni impianti di riciclo attivi nei Comuni del distretto e un impianto per la produzione di prodotti chimici, nel Comune di Scarlino, che da anni utilizza la marmettola come agente neutralizzante dei reflui acidi delle proprie produzioni, secondo una prassi consolidata ed esempio virtuoso di simbiosi industriale".

I famosi gessi rossi, insomma, nelle ultime settimane finiti al centro di un’inchiesta. In gran parte quindi gli scarti di pietra si riutilizzano, come è giusto, e la quantità inviata a smaltimento in discarica "rappresenta circa l’1% di tutti i rifiuti di questa categoria sottoposti a trattamento in Toscana". E per supportare gli operatori del settore nella corretta gestione è stato elaborato un documento condiviso fra Regione Toscana, Arpat, Corpo Forestale, che ha lo scopo di fornire indicazioni per la classificazione dei derivati di estrazione e dei rifiuti prodotti nella coltivazione delle cave nel distretto Apuo-Versiliese: possono essere derivati o sottoprodotti, pure collocati in cava se previsto nel progetto autorizzato oppure ancora, se rifiuti, inviandoli a un impianto per il loro recupero e trattamento o, nel caso in cui questo non sia possibile, destinarli allo smaltimento.

Nel report regionale per il monitoraggio e la gestione dei rifiuti, nel capitolo dedicato agli scarti del distretto lapideo apuoversiliese vengono riportati anche alcuni progetti pilota che rappresenterebbero un nuovo modello di gestione in un’ottica di economia circolare, già conosciuti. Come la costituzione, nel 2016, della società Carrara Marble Way, che raccoglie le principali aziende estrattive del territorio apuano, con l’obiettivo di massimizzare le possibilità di impiego degli scarti della lavorazione dei blocchi, attraverso studi e ricerche di settore che individuino soluzioni innovative di utilizzo di tali materiali.

Francesco Scolaro