REDAZIONE MASSA CARRARA

Quando la rete diventa una trappola

Il rapporto tra gli adolescenti e la tecnologia è complesso ed ha spalancato la porta al cyberbullismo

Uno dei pericoli dietro gli strumenti tecnologici, diventati indispensabili, è il cyberbullismo, il “bullismo in internet”, ovvero azioni ripetute che mirano a danneggiare una persona o un gruppo attraverso l’uso delle tecnologie. Il fenomeno nasce e si sviluppa soprattutto nel contesto scolastico ed è purtroppo molto diffuso tra bimbi e adolescenti che trascorrono giornate sui social. Il cyberbullismo è stato classificato a seconda delle modalità. Ecco alcune tipologie: harassment - invio ripetuto di messaggi offensivi per ferire la vittima; exposure - la pubblicazione di informazione private su un’altra persona; trickery - l’inganno, ottenere la fiducia di qualcuno per poi rendere pubblico ciò che confida; exclusion - l’esclusione di una persona da un gruppo per ferirla. Il cyberbullismo vede tre categorie: il bullo, la persona, spesso un coetaneo, che sminuisce la vittima. Oggi in tanti, dopo aver ferito la vittima si giustificano facendo ironia o dicendo di aver solo scherzato, quando invece bisognerebbe chiedere scusa. Il bullo di solito è un debole perciò si nasconde dietro uno schermo e con l’aiuto di falsi profili, insulta in modo anonimo. La vittima è la persona presa di mira spesso per un motivo futile come il modo di vestire, la corporatura o la fede. Così viene esclusa o si isola volontariamente senza sapere come reagire. Questo porta un cambiamento del comportamento della vittima che può entrare in depressione o, peggio, arrivare al suicidio. Il pubblico: ci sono due tipi di spettatori. Lo spettatore passivo non interviene quando qualcuno viene prese in giro o insultato e non si schiera dalla parte del bullo ma non prende le difese della vittima: lo spettatore attivo ride, commenta a favore del bullo e scrive altre prese in giro e rincara le offese. Il cyberbullismo interessa il 7-8% degli studenti e colpisce più del bullismo perché presenta un rischio più elevato di suicidi: il 50% di chi ammette di averlo subito dice di averci pensato, l’11% di averlo tentato, il 70% di aver fatto autolesionismo e una percentuale analoga afferma di essere entrata in depressione. I social consentendo l’anonimato, favoriscono il cyberbullismo. E con le tecnologie, gli attacchi possono verificarsi tutto il giorno, 7 giorni su 7 con enorme diffusione. La risonanza dell’evento mette le vittime all’angolo, facendole pensare che la loro reputazione è rovinata. In questo periodo tanti si sono trovati costretti a partecipare alle videolezioni e a usare la tecnologia per rimanere in contatto tra di loro. Questo ha fatto aumentare il cyberbullismo perché ha permesso, ad esempio, di fotografare i compagni in videolezione e pubblicare le foto, mentre in classe l’uso del cellulare è vietato. Tanti hanno così violato la privacy dei compagni e degli insegnanti. Per eliminare il fenomeno bisogna far capire che non si deve rimanere spettatori; se nessuno commenta e se chi si accorge di un atto di bullismo lo denuncia, il bullo smetterà di comportarsi con prepotenza!