"Mio figlio ricoverato e non posso vederlo" Ospedale vietato per il papà con due dosi

"Per entrare al Noa serve anche il terzo vaccino o il tampone ma nei week end impossibile farlo nelle poche farmacie aperte"

Migration

di Francesco Scolaro

Un bambino ammalato, ricoverato in ospedale e un padre che non può fargli visita perché anche con due dosi di vaccino deve comunque fare un tampone con esito negativo, impresa impossibile nei fien settimana. Ma senza non si entra al Noa. Queste sono le regole. E la burocrazia è fredda agli affetti. Si attorciglia su se stessa, mille spirali che non lasciano via di fuga o appello. Il collasso della ragione e degli umani rapporti, di un padre che non può abbracciare il figlio per scambiarsi affetto e speranza. Costretto a vedere il figlio ricoverato da una finestra dell’ospedale o per videochiamata quando si trovano magari a poche centinaia di metri ma separati dalla burocrazia.

E’ il caso del ristoratore carrarese, Diego Crocetti: il figlio Arturo, 3 anni, da sabato è ricoverato al Noa per una polmonite non causata dal Covid ma da quel giorno non riesce a fargli visita perché "nonostante le due dosi di vaccino per entrare al Noa serve un tampone oppure aver fatto la terza dose – racconta Crocetti – ma nel fine settimana le poche farmacie aperte sono prese d’assalto, non c’è un posto libero. Stupide regole. Per fortuna la mamma ti ha sollevato e dalla finestra che dà nel parcheggio ti ho visto, mi hai fatto un sorriso, e a me basta per sapere che stai bene. Sono avvilito, impotente… Distrutto. Spero solo che tutto questo finisca il prima possibile". Parole che ripete al telefono ma che aveva già affidato a un lungo post su Facebook: la foto inviata dalla moglie, gli occhi sereni di Arturino come lo chiama con affetto, con in volto una maschera per l’ossigeno.

Tutto è iniziato venerdì: "Mio figlio aveva un po’ di tosse e raffreddore. Sabato mattina però continuava a non stare bene, respirava male. Abbiamo provato a contattare il pediatra senza ottenere risposta, poi la guardia medica e alla fine il Noa e per fortuna mi hanno chiesto di portare il bimbo all’ospedale per visitarlo – racconta Crocetti -. Il tampone è negativo, anche molecolare. Ma la lastra ha evidenziato una polmonite e lo hanno ricoverato. Grazie a Dio c’è mia moglie dentro ma io da sabato non sono più riuscito a vedere mio figlio. Non è possibile che in una situazione del genere non possa vederlo: sono in una stanza da soli, basta mettersi la mascherina. Queste regole ci stanno distanziando, ci stanno facendo perdere di vista l’essere umano".

E per un padre preoccupato e un figlio malato servono abbracci e sguardi consolatori non contatti a distanza sui social: "Stiamo delegando i sentimenti a internet, al cellulare – prosegue – è un treno da fermare. Ci siamo affidati all’illusione del green pass, di essere sani e di non contagiare e invece…". Un sentimento di impotenza che Crocetti ben esprime nel suo post: "La cosa che mi fa davvero rabbia è che non mi hanno neanche permesso di venir a vedere come stai – scrive rivolto al figlio –, a guardarti negli occhi, ad abbracciarti. Spero solo che tutto questo finisca il prima possibile. Non riesco a guardare questa foto che mi ha mandato la mamma senza sentirmi male, solo e spaesato… come dentro una pressa....".