Michele Boni, l’architetto dell’aria "Io, visionario tra sogno e sostenibilità"

Il professionista apuano vive tra Massa e Parigi: attualmente è professore all’università di design di Nimes. Dal progetto del teatro di Torre del Lago e il lavoro all’Esposizione Nazionale Svizzera fino al Ces di La Vegas

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di Laura Sacchetti

Take a Breath®, la visiera a barriera d’aria con purificatore, presentata a Las Vegas all’interno dell’International Consumer Electronics Show (Ces), è il frutto di oltre 25 anni di studi, ricerche e test dell’architetto dell’aria Michele Boni. "E’ stato un lungo processo di maturazione, accompagnato da rigore e perseveranza", ha sottolineato il visionario apuano che vive tra Parigi e Massa. Per comprendere la nascita di questa sua invenzione rivoluzionaria bisogna conoscere il percorso professionale di Michele Boni che considera l’aria un materiale da costruzione alla pari del legno, della pietra o del metallo.

"Tutto è cominciato – racconta Boni – col progetto per il teatro Puccini a Torre del Lago, in occasione della mia tesi di laurea in architettura. Volevo proporre uno spazio climaticamente confortevole, adatto alla musica, senza rinunciare al fascino ed alle atmosfere magiche dell’ambiente circostante. Il principio da cui sono partito è quello delle comuni barriere d’aria applicate anche sulle porte di ingresso dei negozi. In maniera utopica, ho solo pensato di adattarle in una scala più grande. Grazie ad un sistema di colonne che generano delle cortine d’aria si sarebbero cosi create delle pareti invisibili che avrebbero formato il contenitore (effimero) che racchiudere e proteggere il teatro. All’epoca non esisteva nessun tipo di letteratura a riguardo. Ero l’unico a proporre questo tipo di applicazione, infatti non nego che ci sono stati anche momenti di sconforto perché non sapevo bene come considerare quello che stavo facendo. Come però spesso accade nella vita c’è sempre stato qualcosa o qualcuno che mi ha spinto a non abbandonare la possibilità di costruire con l’aria. L’idea di uno spazio confinato d’aria piacque all’allora direttore artistico dell’Esposizione Nazionale Svizzera che sul lago di Neuchatel voleva ricreare dei percorsi chiusi climaticamente così che le persone potessero spostarsi da un’attrazione all’altra. Fui assunto. Per studiarne la fattibilità collaborai con Ove Arup & Partners di Londra, probabilmente la migliore società di ingegneria a livello mondiale. Lo studio certificò che l’aria poteva essere un materiale da costruzione. Ulteriore conferma la ebbi con un secondo studio in collaborazione col Politecnico di Lausanna. L’aria poteva essere usata come materiale da costruzione". Conia così il termine di architetto aerodesigner.

Michele Boni è anche docente di progettazione; ha insegnato in diverse facoltà di architettura francesi e attualmente è professore all’università di design di Nimes. Alla passione per la ricerca e per la progettazione ha unito anche la scrittura. E’ autore di diversi libri e articoli di architettura, come "L’architettura della bolla d’aria", dove formula il Manifesto dell’architettura aerea e tratta del sistema Frontières d’air®. "Feci all’epoca diversi test di un’ installazione composta da quattro colonne posizionate su una base quadrata e formate da una serie di ventilatori che producono delle cortine d’aria. Sono delle pareti invisibili che, attraverso la creazione di una sovrapressione danno vita ad uno spazio interno confinato che ostacola l’ingresso dell’aria esterna. Questo primo sistema è stato poi migliorato e perfezionato. E’ nato cosi il sistema Windhunter®, molto più performante perché basato sulla formazione di due turbini simmetrici ed opposti". Come possiamo immaginarci l’utilizzo dell’aria come materiale da costruzione nella vita di tutti i giorni? "Per esempio il sistema Windhunter® potrebbe essere applicato per la protezione degli spazi all’aria aperta come luoghi di attesa, terrazze, bar o ristoranti. Senza dubbio Take a breath® è l’utilizzo pratico forse più banale di una barriera d’aria applicata alla quotidianità, perché è una barriera d’aria personale!".

Progetti in cantiere? "E’ in pubblicazione il mio libro in inglese "Aeroclimatic contemporary houses", tradotto "Case contemporanee aereoclimatiche", dove la sfida è, di fronte al cambiamento climatico, quella di andare oltre la progettazione a basso impatto ambientale che troppo spesso avviene a scapito della qualità estetica architettonica. Occorre un nuovo paradigma progettuale che non si basi più sull’obbligo di perseguire determinati standard energetici dettati dai regolamenti sempre più stingenti ma sulla motivazione a intraprendere un progetto architettonico creativo, originale, raffinato perché, in prospettiva, questo ci farà stare bene e sarà fonte di piacere. Voglio dimostrare che, attraverso la comprensione del comportamento dell’aria, è possibile coniugare sogno e sostenibilità".