di Claudio Laudanna
Italiani e certificati al 100 per cento, ma esclusi dall’appalto della Presidenza del Consiglio dei ministri. La Dispositivi industriali italiani è una realtà tutta carrarese nata e cresciuta in questi lunghi mesi di pandemia grazie all’iniziativa e agli investimenti di un gruppo di imprenditori nostrani che hanno deciso di puntare sulla produzione di mascherine Ffp2. Partendo da zero la Dii nel proprio stabilimento del centro Tuscania in poco più di un anno ha sviluppato i propri modelli, ottenuto un brevetto, la marchiatura CE e tutte le certificazioni necessarie e poi ha dato da lavorare a tante persone tutte sul nostro territorio. Nei momenti di picco della produzione ha avuto fino a 16 operai sotto contratto che lavoravano su tre linee contemporaneamente, ognuna delle quali in grado di produrre 25mila mascherine al giorno. In questo momento la Dii sta lavorando soprattutto per gli studi odontoiatrici e impiega 6-7 persone per far andare avanti una sola linea, oltre al proprio negozio interno. Le potenzialità di quanto costruito in pochi mesi dall’azienda carrarese restano però molto alte, tanto che se ne sono accorti anche dalla televisione nazionale. La Dii, assieme al suo amministratore delegato Marco Bianchi, è così stata protagonista la scorsa sera della trasmissione di Rete 4 ‘Fuori dal coro’ condotta da Mario Giordano. Durante il programma Tv è andato in onda un servizio esclusivo a cura di Marianna Canè nel quale si sosteneva che, con un affidamento diretto dello scorso 26 agosto, il commissario straordinario per l’emergenza Covid 19, generale Francesco Figliuolo, avrebbe dato l’ok all’acquisto di oltre un milione di mascherine Ffp2 non a regola con tutti i requisiti previsti dalla legge. Nelle immagini andate in onda su Rete 4 diversi modelli acquistati dal governo sono stati sottoposti a test specifici dagli esperti del Laboratorio fonderia mestieri dai quali è emerso che alcune non sarebbero Ffp2, mentre altre non avrebbero neppure la marchiatura CE. In questo scenario l’azienda carrarese è stata presa come esempio di realtà completamente made in Italy tenute fuori da questo mega appalto statale.
"Noi non siamo mai stati contattati per questa fornitura e non nascondo che ci sia un po’ di rammarico – spiega Marco Bianchi –. I nostri sono prodotti non solo tutti certificati dalla Eurofins di Torino, ma anche totalmente Made in Italy. Se ci avessero contattato avremmo sicuramente dato la nostra disponibilità a dare il nostro contributo per un appalto tanto importante per il quale, tra l’altro, credo avremmo avuto tutte le caratteristiche per partecipare. Noi a pieno regime possiamo contare su tre linee produttive e questo avrebbe significato anche nuova occupazione sul territorio". Malgrado l’amarezza per quanto accaduto il mese scorso, tuttavia, l’azienda apuana resta alla finestra in caso ci fossero ulteriori sviluppi e nuovi ordini. "Il nostro auspicio – conclude l’amministratore delegato – è ovviamente quello di poter partecipare, in futuro, ad altre commesse del genere".