Marmo, l’affondo del sindacato: "Nessuna proroga alla tracciabilità. Hanno avuto 8 anni per prepararsi"

Il segretario provinciale della Cgil non vuol sentire parlare di dilatazione dei tempi nella pratica "L’applicazione della normativa partiva dal 2015: la comunità adesso merita di avere risposte".

Marmo, l’affondo del sindacato: "Nessuna proroga alla tracciabilità. Hanno avuto 8 anni per prepararsi"
Marmo, l’affondo del sindacato: "Nessuna proroga alla tracciabilità. Hanno avuto 8 anni per prepararsi"

Il segretario generale della Cgil Nicola Del Vecchio non vuol sentir parlare di ulteriori proroghe alla tracciabilità dei materiali. "Parlare di ulteriori proroghe o di franchigie nell’applicazione della legge regionale 35 da parte di Fabrizio Santucci è inconcepibile – scrive il sindacalista –. Ricordo che siamo nel 2023 e stiamo parlando dell’applicazione di una normativa del 2015: le imprese spieghino piuttosto alla comunità carrarese cosa hanno fatto in questi 8 anni".

Inizia così il lungo intervento di Del Vecchio a difesa di un bene comune come sono le cave. "Gli stessi industriali hanno firmato le convenzioni con le quali si impegnano a lavorare in loco almeno il 50% del materiale estratto – prosegue Del Vecchio –. Addirittura l’imprenditore Paolo Borghini ha ipotizzato, nel corso dell’incontro in Comune, che le aziende potrebbero frantumare i blocchi non commerciabili per abbassare il materiale da lavorare. Questo atteggiamento dovrebbe essere censurato dagli stessi imprenditori che mi auguro si rendano conto che il territorio non è più disponibile ad accettare tutto questo. Così come adesso il settore lapideo è sotto il profilo sociale, economico, occupazionale ed ambientale, insostenibile".

"Per questo – prosegue – è necessario e doveroso agire un cambiamento, per questo è stata introdotta una normativa che nello spirito iniziale si sarebbe dovuta applicare a tutto il materiale estratto, non facendo differenza tra bene estimato e agro marmifero, mentre a seguito di ricorsi, oggi stiamo parlando di una percentuale che si applica solo all’agro".

"Ricordo inoltre che nel 2015 le aziende chiedevano 10 anni per uniformarsi, ne sono passati 8 e con l’Emas e i tempi di verifica arriveremo a 10 o addirittura a 12 anni – aggiunge il sindacalista – nonostante questo, siamo nuovamente al punto di partenza. È inaccettabile. Tra l’altro vorrei far notare all’associazione datoriale come, non la Cgil, bensì il loro presidente del comparto lapideo Fabrizio Palla, non più tardi di qualche settimana fa, abbia dichiarato che la lavorazione in loco del 50% del materiale escavato è un’opportunità e non un problema. Le parole di Palla dimostrano come la possibilità di lavorazione in loco di almeno il 50% del materiale escavato non sia un’utopia figlia di dirigismo, come qualcuno vorrebbe far credere, bensì possa rappresentare un’opportunità anche dal punto di vista economico".

"Aggiungo anche – prosegue – che in altri territori, penso alla Versilia o a Verona, gli informi vengono lavorati. Lo dico per sgomberare il campo dall’alibi che non sia possibile farlo. Tralascio poi i ragionamenti di carattere ambientale e gli aspetti di sostenibilità rispetto ai quali, come Cgil Massa Carrara, abbiamo ampiamente spiegato la nostra posizione, per soffermarmi, invece, su un aspetto che fa emergere chiaramente come, da un lato, una parte imprenditoriale colga efficacemente quelle che possono essere le sfide di un settore che necessita di una diversa regolamentazione capace di coniugare lavoro, redistribuzione della ricchezza e mitigazione dell’impatto ambientale, dall’altra chi invece sostiene la rendita pura e semplice".

"Si parla poi di cappio al collo e di libero mercato per le aziende – conclude Del Vecchio –, ma anche qua se si fosse applicato il libero mercato ci sarebbero state le gare e non una legge che ha permesso alle aziende di evitare le gare europee e godere del bene per un periodo transitorio (che poi è stato concesso a tutti per una durata di 25 anni, con il combinato disposto tra legge regionale e regolamento comunale). Tra l’altro in questo caso si tratta di regolamentare l’attività relativa ad un bene comune, quindi di proprietà dell’intera comunità carrarese".