"Lettere e diritti negati" La Fiom all’attacco di Nca

Il sindacato di categoria della Cgil chiede un confronto sulla concessione "Tisg insiste su un terreno demaniale, intervenga l’Autorità portuale"

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Troppe lettere di contestazione "arbitrarie e vessatorie". La Fiom della Cgil interviene a gamba tesa sull’intervento di The italian sea group su un dipendente ex Nca a cui si contestano, "per la quarta volta in un anno, ritardi calcolati in modo arbitrario non tenendo conto che l’ingresso all’interno del luogo di lavoro coincide con la timbratura in ingresso e non sulla commessa, scarso rendimento rispetto alle operazioni di pulizia al quale il lavoratore, un carpentiere con il livello C2, ex 4° livello, non potrebbe essere assegnato, e infine utilizzo del telefono cellulare (che in realtà serve al lavoratore per rispondere alle numerose chiamate dei superiori). Insomma un vero e proprio controllo capillare da parte dei capi, certificato dalla precisione al minuto della lettera di contestazione, favorito dal clima interno e dalla facilità di identificazione del personale grazie al nome e cognome sulla t-shirt da lavoro, come nelle squadre di calcio. Senza contare che il lavoratore in questione, al quale si contesta,di non aver pulito perfettamente il pavimento, compra a sue spese il dispositivo di protezione individuale, visto che l’azienda non glielo fornisce". Inoltre la Fiom contesta ferie negate "nonostanre un residuo di circa 800 ore". Pertanto il rappresentante regionale Massimo Braccini e quello locale Umberto Faita, chiedono "un serio confronto in città con le istituzioni e l’autorità portuale, visto che il cantiere opera su concessioni demaniali. Per tutti questi motivi come Fiom ci attiveremo a tutti i livelli per far valere i diritti dei nostri iscritti e dei lavoratori tutti e per ripristinare delle condizioni di lavoro dignitose".

"A tutto ciò si aggiunge un turnover impressionante – prosegue il documento sindacale – . Ci domandiamo il motivo per cui a partire dal gennaio 2022, al netto delle maestranze assorbite dalla procedura di Perini, un lavoratore su due abbia abbandonato con un contratto a tempo indeterminato lo stabilimento e lo abbia fatto in media dopo circa 3 mesi. E ci domandiamo ancora il motivo perché dal gennaio del 2020 più di un lavoratore su tre abbia deciso di lasciare l’azienda con un contratto a tempo indeterminato prima dell’anno. Forse è diversa la realtà per le maestranze che lavorano all’interno dello stabilimento rispetto a quello che viene propagandato dall’azienda? A distanza di più di 18 mesi dall’ultimo incontro sindacale, nonostante le aperture aziendali sulle quali già allora sulla stampa avevamo nutrito seri dubbi, i lavoratori continuano a mangiare in pineta, i controlli continuano ad essere capillari e i diritti, come quello alle ferie e conseguentemente alla salute, vengono negati".