In alcune lezioni abbiamo approfondito l’allevamento intensivo, con particolare riferimento alla sua insostenibilità. L’allevamento inquina il suolo, l’acqua e l’aria, generando danni collaterali quali la deforestazione, la perdita di bio-diversità, lo sviluppo di zoonosi (malattie trasmissibili da animale a uomo), il rilascio di gas serra (per il 23% del totale delle emissioni) e il concorso per lo sviluppo di quella che gli scienziati ritengono la prossima emergenza sanitaria, l’antibiotico-resistenza. A lanciare l’allarme è l’Associazione Medici per l’Ambiente (isde.it) che ha analizzato l’impatto sulla salute umana dell’allevamento intensivo. La ricerca ha evidenziato i danni diretti alla salute dell’uomo, di tipo sociale e ambientale derivanti da questa pratica. Il primo punto evidenziato è il rischio di zoonosi poiché l’alta concentrazione di animali in spazi chiusi e limitati favorisce lo sviluppo di malattie, comprese quelle che dagli animali possono passare all’uomo (la cosiddetta “aviaria” o la SarsCov1 ne sono esempi noti) . Le condizioni particolarmente innaturali di allevamento (altissima concentrazione di individui in spazi limitati senza ricambio d’aria e mancanza di ritmi legati all’alternarsi del giornonotte) richiedono, per il mantenimento in vita degli animali, un alto livello di medicazione attraverso il cibo, particolarmente con antibiotici, contribuendo all’aggravamento del fenomeno dell’antibiotico- resistenza. Senza contare le enormi sofferenze degli animali allevati in questo modo.