La paura di non avere futuro "Nel mio Paese c’è la guerra"

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Quello spazio espositivo che le permette di fare mostre e ospitare artisti per Alem Teklu Kidanu è tutta la sua vita, ma non ha i soldi per continuare a pagare quel fondo di via Ulivi, aperto con grandi speranze con Carrara – si cura. Ma i finanziamenti regionali e comunali sono cessati con il 31 dicembre, e adesso gli artisti che tanto avevano investito e creduto nella città si trovano a fare i conti con la realtà. Si sente ’confusa’ Alem Teklu Kidanu, l’artista del Tigray che due anni fa aveva aperto in via Ulivi la galleria Omna, un omaggio al nome e simbolo dell’albero africano, la sua terra natale. E Alem Teklu non è l’unica che sarà costretta a chiudere, lo ha già fatto prima dei lei l’atelier Estensioni di via Ulivi, e presto il centro storico vedrà l’effetto domino della chiusura di tanti spazi, l’esatto contrario dello spirito del progetto, che era quello di far rivere il centro città grazie a nuove aperture. E se le attività della ristorazione vanno bene e di conseguenza riescono a pagare affitto e bollette, per gli artisti mantenere un fondo aperto con l’arte non riempie nè lo stomaco nè il portafoglio. Alem Teklu sta vivendo momenti angoscianti: non può tornare a casa perché in Tigray c’è una guerra feroce, la stessa che le ha impedito di rientrare a casa una volta terminati gli studi in Accademia: "Sono confusa – racconta – non voglio chiudere ma non ho i soldi per mantenere aperta la galleria. Questo è il mio paradiso, quello che mi tiene lontana dall’inferno della guerra. Questa cosa di fare aprire delle attività artistiche e poi dopo due anni non supportarle più non ha senso. L’arte a Carrara non vende, eppure vanno a comprare arte a Pietrasanta. E pensare che siamo noi artisti stranieri a credere e tenere viva questa città, per noi è una seconda casa. Non ho il coraggio di chiudere, ma sono costretta a farlo".

A.P