Il Tar dà ragione alla Regione: il parere era giusto

La sentenza non ammette varianti postume al progetto di coltivazione

Marmo (foto di repertorio)

Marmo (foto di repertorio)

Carrara, 11 aprile 2019 - Si preannunciano altre settimane calde per il mondo del marmo. Il Tar ha respinto i ricorsi presentati da Assindustria contro Regione e Comune che lo scorso luglio, in base al famoso parere dell’avvocatura toscana, avevano chiuso le cave che sforavano dal perimetro di coltivazione. Da qui un animato dibattito cittadino seguito dalla pioggia di ricorsi delle aziende che chiedevano il ripristino della prassi comunale secondo cui bastava una variante e una sanzione per poter riprendere l’escavcazione. Ieri il Tar si è espresso, respingendo i ricorsi delle aziende che contenstavano l’interpretazione della legislazione regionale in materia di cave.

Soddisfatto l’assessore regionale Vincenzo Ceccarelli per la sentenza che evidenzia la correttezza della tesi delle amministrazioni pubbliche e conferma che l’oggetto dell’autorizzazione allo scavo non può essere l’area in disponibilità, ma il progetto di coltivazione. «Il Tar – scrive Ceccarelli – ricorda che il marmo apuano, come la Regione ha sempre sostenuto, costituisce un unicum a livello internazionale e l’escavazione non può essere incontrollata. Si conferma che le varianti sono preventive e non possono avvenire in sanatoria postuma. La sentenza conferma le interpretazioni della Regione sulle autorizzazioni dei progetti di coltivazione».

La stessa Regione aveva promosso la modifica della legge 35 con l’inserimento dell’articolo 58 bis, il famoso salvacave, che prevede un periodo transitorio di adeguamento da parte comunale. Durante tale periodo viene esclusa la più grave sanzione della immediata decadenza dell’autorizzazione data alle imprese, al fine di garantire la salvaguardia dei livelli occupazionali.