"Il porto di Carrara domani? Turistico"

L’architetto Lera illustra il progetto. "Non sia solo economia, ma valore per il litorale"

L'architetto Lera

L'architetto Lera

Massa, 28 ottobre 2018 - Trasformare la cattedrale apuana dell’economia in un terreno fertile dove piantare il seme di una nuova cultura. Abbattere le barriere di cemento che soffocano la natura e precludono lo sguardo dei turisti sulla meraviglia delle Apuane e del mare. Ricostruire quell’unicum carico di stupore e speranze che va da Livorno a Bocca di Magra «e che nulla ha da invidiare alla California». E’ questo il sogno dell’architetto Tiziano Lera. L’idea è chiara: un altro porto di Carrara è possibile. E’ lì il fuso da cui iniziare a tessere un nuovo sviluppo della costa dell’alto Tirreno in cui l’equilibrio con la natura è la chiave di volta. Un progetto che l’architetto, urbanista e naturalista ha creato «gratis e con amore» per l’associazione dei Paladini apuoversiliesi.

«Il nostro territorio è talmente bello che non ce lo meritiamo. E’ unico per paesaggio, clima, storia, cultura e biodiversità. Purtroppo ci sono anche biodiversità umane che non sempre si integrano. Come in natura – la metafora dell’architetto – se ci sono troppe aquile si divorano tutti i passerotti. Se all’economia si sacrifica il futuro non è giusto».

Come si può integrare questa visione con il porto di Carrara?

«Bisogna ricreare in questo habitat un equilibrio perduto, senza allontanare alcuna specie. Bisogna solo gettare il seme per uno sviluppo diverso: il turismo culturale».

Oggi è una struttura che fa da ‘tappo’ al territorio?

«Se vediamo la Versilia come un unicum d’annunziano, da Livorno a Bocca di Magra, non c’è California che tenga. Dobbiamo superare le ‘mini-etnie’ litigiose con tante visioni diverse sulla costa. Ai turisti non interessa dove finisce Massa o inizia Carrara. Costruiamo un percorso unico in cui il porto non sia solo economia ma una presenza da vivere, una delle perle della splendida collana della Versilia oggi un po’ rotta e da ricostruire lavorando su biodiversità e amore».

Una rivoluzione... ‘lenta’?

«Una graduale trasformazione. Oggi aggiungiamo altre funzioni, turistiche, e vediamo come reagisce il territorio. Non voglio costruire una cattedrale nel deserto che ci faccia perdere anche ciò che oggi è sicuro».

Contrario ai progetti di espansione e waterfront?

«Ho visto tante proposte abbastanza invasive ma non entro nel merito del lavoro di altri. La mia filosofia è opposta: io voglio far vivere Marina di Carrara creando un equilibrio visivo, percettivo e funzionale, una passeggiata in cui il porto è parte integrante. Il giusto equilibrio da costruire senza alterare le attuali dimensioni, senza aumentare l’erosione: una riorganizzazione. Se si segue questo percorso di storia, natura e architettura, forse si trova la poesia».