Giorgio Turba è agli arresti domiciliari

Il noto imprenditore del marmo, ex patron della Massese, travolto dall’inchiesta di Lucca che ha al centro il Comune di Vagli

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C’era una volta il presidente della Massese Giorgio Turba. Ora Turba, 73 anni, è agli arresti domiciliari con divieto di comunicazione con l’esterno. Ma nell’inchiesta della Procura di Lucca il calcio non ha alcun ruolo. Quello che il Pm ha ricostruito è un giro di appalti da 2 milioni e mezzo tutti gravitanti intorno al Comune di Vagli. Gli investigatori in 8 mesi, hanno intercettato molti dei 27 indagati per quasi 60 capi d’imputazione, tra cui il più grave è associazione a delinquere. E il sostituto procuratore Salvatore Giannino haottenuto dal gip Antonia Aracri misure cautelari per 5 indagati. Considerati dalla Procura la ‘cupola’ del sistema. Per quattro di loro il gip ha disposto gli arresti domiciliari con divieto di comunicazione con l’esterno. Sono il vicesindaco Mario Puglia, 71 anni considerato il dominus del sistema; Tiziano Pandolfo, titolare dell’impresa edile Tiziano Pandolfo Srl; Roberto Romei, 49 anni titolare della Romei Srl; Giorgio Turba, imprenditore del marmo ed ex patron della Massese. Per Mario Bertoncini, geometra del Comune, i domiciliari sono stati concessi senza divieto di comunicazione. Le misure sono state eseguite ieri mattina quando, per la seconda volta in 10 mesi, il paesino di 900 anime della Garfagnana è stato attraversato dai carabinieri forestali, dalle Fiamme Gialle, dai carabinieri di Castelnuovo e dalla Mobile di Lucca. E il registro degli indagati rispetto a maggio (quando partì la prima parte dell’inchiesta), ora ospita i nomi di altre persone portando il totale oltre quota 30. L’accusa, per tutti e a vario titolo: aver messo in piedi "una spartizione di occasioni di guadagno – si legge nell’ordinanza del gip – utilizzando la struttura del Comune per raggiungere i propri obiettivi". L’inchiesta ha due filoni. Uno riguarda il meccanismo di ’appalti-regalo’ a imprese di fiducia, ricostruito dalla Procura che avrebbe fruttato oltre due milioni e mezzo. Incassati in particolare da due ditte: la Romei Srl e la Tiziano Pandolfo tra il 2015 e il 2019. Il secondo filone riguarda le cave al confine con Massa. Qui le contestazioni riguardano alterazioni nella scelta del contraente, casi di corruzione e l’aggiramento di procedure a evidenza pubblica per la concessione. Nel mirino è finita anche una serie di compravendite di terreni che sarebbe intercorsa tra il vicesindaco e vari imprenditori tra cui Turba. Un sistema che gli investigatori giudicano opaco e che prevedeva la vendita di terreni boschivi o limitrofi a cave e zone di estrazione del marmo. Come avrebbe funzionato? In base a quanto ricostruito, il vicesindaco avrebbe dato incarico al geometra del Comune di fare ricerche sulle carte per trovare terreni con certe caratteristiche: un valore di base irrisorio ma con grande potenziale in previsione di una sfruttamento perché vicino a zone di estrazione del marmo o in aree boschive. I terreni una volta di Puglia acquistati a prezzi spesso inferiori a 10mila euro, sarebbero stati rivenduti a un prezzo più elevato a chi era interessato a progetti di coltivazione o estrazione. Nel 2016 Puglia avrebbe fatto affari del genere con Turba: un terreno acquistato dal vicesindaco per 7mila euro e rivenduto a 50mila.

Claudio Capanni