Al Genio Civile tre ‘furbetti’ tornano al lavoro

Erano stati licenziati dalla Regione Toscana dopo l’inchiesta-choc del 2018 sull'assenteismo

Una delle immagini riprese dalle telecamere messe dai carabinieri al Genio ci

Una delle immagini riprese dalle telecamere messe dai carabinieri al Genio ci

Massa, 12 ottobre 2019 - Tre dipendenti del Genio Civile dei 16 licenziati a inizio anno dalla Regione sono stati riammessi in servizio. Possono tornare al lavoro. Questo in esecuzione di altrettanti verbali di conciliazione siglati davanti al giudice del lavoro del tribunale di Massa a luglio, settembre e l’ultimo solo mercoledì.

La vicenda è quella ormai nota come l’inchiesta sui ‘furbetti del cartellino’ che aveva coinvolto i dipendenti del Genio Civile e della Provincia di Massa Carrara. La Regione, all’inizio dell’anno, attuò subito misure drastiche inviando 16 lettere di licenziamento, con effetto retroattivo da settembre 2018, sui 21 indagati del Genio Civile. Quei licenziamenti in blocco, senza distinzione fra situazioni e comportamenti anche molto diversi fra loro, avevano suscitato diverse perplessità, sia fra i sindacati sia nell’opinione pubblica. Tant’è vero che la Provincia aveva invece utilizzato un metro ben diverso. E alla fine la stessa Regione è stata costretta a fare retromarcia istituendo una Commissione disciplinare tecnica che aveva il compito di analizzare caso per caso il comportamento dei dipendenti. Per 3 casi su 16 la linea della commissione è stata quella di aderire al tentativo di conciliazione proposto dal giudice del lavoro e la giunta regionale ha dato mandato in tal senso all’avvocatura come avvenuto fino a mercoledì.

Ma quali sono state le linee ‘guida’ individuate dalla commissione? Di fatto, doveva essere ‘escluso il comportamento fraudolento’, che lo stesso non fosse reiterato, sistematico, ripetuto nel tempo e che comunque i periodi di assenza contestata non superassero le 21 ore e 36 minuti (escludendo dal conteggio le cosiddette ‘pause brevi’). Criteri che dovevano dividere le situazioni di irregolarità lieve da quelle più gravi sotto il profilo oggettivo e soggettivo che però non hanno assolutamente soddisfatto i rappresentanti sindacali dei lavoratori.

Il punto è chiaro: quelle assenze dovevano essere giustificate anche a oltre 3 anni di distanza dai fatti includendo uscite non preventivamente o successivamente autorizzate. Dopo così tanto tempo, ricordare ogni singolo episodio è effettivamente difficile. Eppure l’onere della prova, secondo i rappresentanti sindacali, sarebbe ribaltato dalle linee guida della commissione disciplinare ad hoc: colpevole anche in assenza di evidenza che si tratti di comportamento fraudolento, reiterato o sistematico. Colpevole di essere uscito senza autorizzazione, o con successiva autorizzazione, anche se non c’è prova che sia andato a fare qualcosa di diverso dal lavoro, magari in altra sede o per un sopralluogo. Insomma, 3 su 16 non bastano perché, ed è questa la linea tenuta dai rappresentanti sindacali, le procedure autorizzative e di rendiconto sarebbero state quantomeno lacunose. Se non del tutto assenti. Anche a causa della stessa Regione.