I veleni dell'ex Farmoplant sono a due passi dalla spiaggia

L’analisi sull'inquinamento della falda attorno alla zona industriale di Massa e Carrara è finalmente pubblica

La nube nera della Farmoplant

La nube nera della Farmoplant

Massa, 24 maggio 2019 - Finalmente l’analisi della prima campagna completa della falda attorno alla zona industriale di Massa e Carrara è interamente pubblica: pozzo per pozzo, veleno dopo veleno. Si trova sul sito di Arpat con mappe dettagliate per ciascun contaminante che ha superato almeno una volta il valore limite previsto dalla legge per le acque sotterranee.

Tanti punti rossi, disseminati ovunque dal Lavello al Frigido. Ed è inquietante che arrivino fino al mare: ci sono superamenti per 1,1dicloroetilene (tossico per inalazione e sospetto cancerogeno) in un pozzo sul litorale, dove c’è l’imboccatura del porticciolo del Lavello, 42 volte oltre il limite. Nello stesso pozzo altri veleni oltre le soglie di concentrazione: dicloropropano, antiparassitari (simazina e atrazina), tricoloroetilene, tetracloroetilene. Quest’ultimo, in pratica supera il limite in tutti i pozzi della zona dei campeggi. E ancora nella spiaggia della Partaccia picchi di Dibomoclorometano 3 volte il limite; manganese e triborometano nella zona delle colonie.

Sono chiazze di sangue, tracce da seguire per trovare un colpevole che chissà dove è finito. D’altronde sono passati 30 anni. E’ come un viaggio all’inferno. E’ la triste eredità dell’industria chimica pesante, il Moloch economico e politico a cui la nostra terra ha sacrificato tutto. Per decenni. Nel ventre di macchine nate per fare soldi abbiamo gettato ambiente e salute. In cambio di posti di lavoro. Fino a 30 anni fa, quando l’ultima esplosione ha fatto traboccare un vaso colmo da tempo. Massa e Carrara hanno abbattuto il gigante, lo hanno ucciso e fatto a pezzi.

Alcuni li abbiamo seppelliti in un cimitero chiamato Sin, pensando che madre Natura potesse fare il resto. Col tempo. Ma era tardi ed era un altro, ingenuo errore. I suoi scarti e i liquidi velenosi che alimentavano un progresso senza sbocchi avevano avvelenato i terreni e le nostre acque. Nella falda si sono lentamente accumulati, anno dopo anno, per altri tre lunghi decenni, conquistando altri spazi, muovendosi fino al mare. Li sentivamo. Sapevamo che c’erano, strisciavano nascosti e letali. Non erano mai stati individuati con una tale precisione come quella di oggi. Grazie alle analisi effettuate su 149 pozzi per conto di Sogesid, dal Lavello al Frigido, dall’Aurelia al mare, i laboratori di Arpat hanno poi tracciato 32 mappe. Una per veleno.

Un diavolo da tanti nomi come cromo esavalente, tetracloroetilene, benzene, ammoniaca, arsenico, manganese, cloruro di vinile. Oggi le possiamo vedere tutti sul sito, guardare negli occhi i picchi di veleni che fanno paura. Potremmo annoiarvi ancora con i risultati delle analisi ma non serve più perché, grazie alla ‘fuga di notizie’, ora sono su internet, accessibili a tutti. Ai cittadini, che vogliono informarsi. All’azienda sanitaria, per le riflessioni del caso. Agli enti pubblici, che su quei dati dovranno costruire un modello unitario di falda e progettare, finalmente, una vera bonifica delle acque che non può e non deve essere una semplice barriera idraulica, inutile allo scopo anche secondo Ispra. Agli esperti di tutta Italia e anche del mondo, che possono guardare quei dati e darci consigli e suggerimenti. Magari disinteressati. Certo, bisogna attendere ancora una seconda analisi sui 60 pozzi più critici, nella fase definita di ‘morbida’ della falda, quando l’acqua si alza. Ma abbiamo, finalmente, un quadro più chiaro e reale di quel che c’è là sotto.

Chi vuole vedere tutti i dati sull'inquinamento, deve  solo cliccare sul rigo sottostante

http://www.arpat.toscana.it/notizie/comunicati-stampa/2019/la-falda-del-sin-di-massa-carrara