E tanto per cambiare i lavori di ripascimento sono fermi

La ditta appaltatrice delle opere a Ronchi-Poveromo ha un’interdizione emessa dal tribunale di Caserta e tutta la sua attività è bloccata

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Servono scelte rapide e decisive, con anche una buona dose di coraggio, per riuscire a fermare l’avanzata del mare. E gran parte del lavoro è nelle mani della Regione Toscana. Anche per quanto riguarda il famoso ripascimento da 2,3 milioni di euro per Ronchi-Poveromo. I lavori, come anticipato da La Nazione, si sono fermati perché la ditta appaltatrice, Infrastrutture Srl di Casapesenna (Caserta), ha un’interdizione emessa dal tribunale di Caserta e tutta la sua attività è bloccata. Un provvedimento di tipo amministrativo che però sta bloccando tutto e per una vicenda in qualche modo collegata alla Camorra e sarà compito della magistratura accertare la verità e stabilire le eventuali responsabilità. Un’udienza è stata fissata per il mese di gennaio. Ma alcuni aspetti sono già certi. Prima di tutto, si sono fermati i lavori a Poveromo perché la ditta che aveva i lavori in subappalto, la Dragaggi srl di Venezia, non può proseguire l’opera. Ma al tempo stesso al Tribunale amministrativo di Napoli che deve decidere sul ricorso presentato rispetto all’interdittiva le cose non si sono messe proprio bene. Il deposito del ricorso contro l’informativa antimafia ostativa del prefetto di Caserta è stata depositata il 30 luglio. Poi la prima udienza interlocutoria con la quale i giudici del Tar hanno chiesto tutti gli atti e i documenti alla Prefettura di Caserta, per poter decidere sul ricorso. La prima udienza di settembre è stata rinviata a ottobre e il 21 dello stesso mese il Tar ha respinto la richiesta di sospensione cautelare dell’informativa antimafia dopo aver preso atto della documentazione "in particolare dalla relazione del Comando provinciale Carabinieri di Gorizia" e un procedimento penale alla Procura della Repubblica di Napoli. I legami, al momento solo sospetti, e che hanno dato avvio al procedimento di tipo amministrativo da parte della Prefettura, sembrerebbero riportare a "uno degli esponenti di spicco del ‘Clan dei casalesi’, con particolare riferimento all’area di Casapesenna, lo stesso comune nel quale la società ricorrente ha la sede legale, per giunta ubicata in un’abitazione privata ad uso residenziale, priva di indicazioni riconducibili alla società in questione".