Cave chiuse, le aziende chiedono i danni

Il Tar consente a Lorano II di lavorare nelle parti non colpite dallo sforamento

Marmo (foto di repertorio)

Marmo (foto di repertorio)

Carrara, 18 aprile 2019 - Uno tsunami di sentenze e ricorsi. La sospensione dei lavori nelle cave ha seminato una vera e propria battaglia legale che adesso è giunta alla richiesta di risarcimenti. L’ultima sentenza è del Tar che accoglie parzialmente il ricorso della ditta Lorano II. Rappresentata dall’avvocato Nando Genovesi, la società di escavazione aveva contestato la sospensione dei lavori in virtù dell’articolo 58bis della legge regionale chiedendo di poter lavorare nella parte di cava non soggetta a difformità.

Nello stesso ricorso Genovesi sosteneva anche la legittimità della presentazione di varianti postume, come è sempre avvenuto, nonché chiedeva che si riconoscesse illegittimo il concetto di perimetrazione della cava emerso dal parere dell’avvocatura regionale. A fronte di tutto questo Lorano II chiede un risarcimento danni per il fermo computabile in 80mila euro. Da qui un articolato dispositivo che con sentenza non definitiva considera il perimetro di cava quello denunciato dal piano di coltivazione, accoglie il ricorso nella parte in cui si chiede di poter lavorare nelle parti non inibite dallo sforamento e, sospende il giudizio, rinviando alla Corte costituzionale, sul limite di tolleranza di mille metri cubi, considerato dai ricorrenti «limite irragionevole e che non garantisce parità di trattamento».

«La sentenza – spiega l’avvocato Genovesi – ha ribadito che Lorano II può continuare le lavorazioni nelle parti non colpite dallo sforamento, che il perimetro di cava autorizzato è quello del piano di coltivazione, che le varianti postume non appaiono consentibili, che però in alcuni casi vi possano essere sforamenti dettati dalle circostanze e che quindi si possa sanare con tolleranza diversa da quella dei 1000 metri cubi. L’aver riconosciuto che la sospensione generalizzata non andava fatta apre le porte al risarcimento per il periodo di sospensione che ha colpito anche quelle parti di cava autorizzate ai lavori e non soggette a difformità. Il Tar con una sua particolare interpretazione salva il 58 bis dalle eccezioni di incostituzionalità; anche se nell’articolo è scritto che l’autorizzazione deve essere sospesa l’interpretazione da darsi è che la sospensione deve riguardare solo le pari in difformità. Ritengo che dal punto di vista dell’impresa il risultato ottenuto sia già apprezzabile e che un intervento correttivo immediato da parte della Regione, seguendo quanto indicato dal Tar, potrebbe evitare ulteriore contenzioso».