Il Premio «Battì Libro» a Ferrari per l’opera sui misteri del caso Moro

A Massa l’autore del volume ha raccontato cosa è stato tenuto segreto in quegli anni

Camilla Palagi, Antonio Ferrari mentre ritira il premio, Umberto Ronchieri, Gianfranco Poma e Andrea Luparia

Camilla Palagi, Antonio Ferrari mentre ritira il premio, Umberto Ronchieri, Gianfranco Poma e Andrea Luparia

Massa, 15 marzo 2018 - E’ diventato uno degli appuntamenti più importanti del panorama culturale della provincia. E anche quest’anno non ha tradito le attese. Parliamo del Premio letterario «Battì libro», che martedì pomeriggio ha premiato, a Palazzo Ducale, Antonio Ferrari, giornalista del Corriere della Sera e scrittore. Un premio per avere scritto un libro pubblicato con 37 anni di ritardo. Il titolo è «Il segreto» e parla del delitto Moro. Ma andiamo per ordine. Ad ascoltare Ferrari, intervistato dal giornalista de La Nazione Andrea Luparia e dalla collaboratrice del Tirreno Camilla Palagi, in sala c’era un folto gruppo di insegnanti e studenti del Liceo Classico «Rossi», del Liceo Scientifico «Fermi» e del Liceo Linguistico «Pascoli».

E quattro di questi ragazzi sono stati premiati in quanto autori delle migliori recensioni sul libro. Si tratta di Federico Festa (del «Fermi»), di Lorenzo Peschi (Terza B del Rossi) e di Davide Febbraio (del «Rossi). Premio speciale, infine, a Lorenzo Cattani (quarta Ginnasio del Liceo «Leopardi» di Aulla). Ed è interessante notare che quest’anno, anche grazie al Provveditorato, il Premio ha attirato l’attenzione di scuole non massesi. «Il prossimo anno contiamo di proseguire in questa direzione– ha detto Gianfranco Poma, il giornalista de La Nazione promotore del premio». E mentre a premiare i ragazzi è stato Giorgio Raffi, uno degli ideatori dell’evento organizzato dall’associazione «Astrambiente», Poma ha consegnato il Premio a Ferrari. Un riconoscimento meritato ma giunto con 37 anni di ritardo. Il libro venne scritto da Ferrari nel 1981 (rapimento e uccisione di Moro e della sua scorta da parte delle Brigate Rosse risalgono al 1978) su richiesta dei vertici del «Corriere». Ma poi il libro venne lasciato nel cassetto. E Ferrari punta il dito sulla P2, la loggia massonica di Licio Gelli che aveva tra gli iscritti diversi giornalisti del quotidiano su cui scriveva Ferrari e buona parte dei vertici.

Ferrari, rispondendo alle domande, ha raccontato quanto hanno scritto (e magari anche fatto) i servizi segreti italiani e stranieri (in primis quelli inglesi) in quegli anni drammatici, in cui le Brigate Rosse uccidevano e gambizzavano. Ha ricordato con emozione il suo amico Walter Tobagi, il giornalista del Corriere assassinato dai terroristi rossi nel 1980. Anche Ferrari è è stato minacciato e ha vissuto anni con la scorta. Un consiglio, soprattutto a chi in quegli anni non era ancora nato. Comprate il libro.